Sentirsi soli e vivere la solitudine da Genitori

Un pezzo per aiutarti a recuperare la forza generatrice della SOLITUDINE interiore che nasce dall’esigenza SANA di riflessione, speranza e progettazione e SUPERARE quella dolorosa, negativa che blocca e fa implodere.

Chi un figlio adolescente. Un genitore. Un nonno. Un collega. Tutti noi siamo ad essa esposti.

Quello che accade nel lockdown da Covid è un ISOLAMENTO forzato, un avvicinamento totale delle persone in famiglia e per alcuni una sottolineatura della propria solitudine.

Depressioni, tristezze, rabbie stanno emergendo forti.

Nell’epoca attuale la comunicazione, lo scambio, l’interconnessione, l’interattività sono
azioni continue e concatenate che si intrecciano con un altro silenzioso quanto denso
modo di vivere la relazione: la solitudine. (cit. prof. Billo -Pedag.Clinica 2016)

Sentirsi SOLI fra la gente, faticare nel costruire intimità e aperture all’altro,
paura di scoprirele emozioni.

La modernità descrive l’uomo come timoroso e diffidente a lasciar vivere ad altri i propri spazi, restio di fronte alle domande, alle curiosità di un normale step di conoscenza via via più approfondita.

Conoscersi, entrare in relazione, porta via TEMPO. Il tempo che nelle corse quotidiane pre-covid per essere al pari di una vita frenetica e iper stimolata obbliga a SCREMARE, a SCEGLIERE dove orientarsi.

Questo ha giustificato il tralasciare di approfondire i rapporti (detta anche “sindrome dell’ascensore”, dove ci si conosce qualche istante a testa bassa o alta). Quelli con cui in covid ti confronti o ti accorgi di non avere, o sono differenti da quello che percepivi prima.

Le solitudini dell’adolescente e dell’anziano sono le più evidenti per definizione, meno si notano moltitudini di solitudini dell’adulto nate in famiglia o nel lavoro senza far rumore.

Il corpo? Le emozioni? tanto importanti per lo sviluppo..

Il corpo e le emozioni si traducono in foto social e emoticon, talvolta false e mascheranti ma fatica a sostenere un rapporto con l’altro autentico.

La famiglia?

Famiglie di per sé rese più precarie dalla fatica ad approfondire le proprie emozioni, da pochi dialoghi di anima e con comunicazioni ristrette (dagli spazi e dalle preoccupazioni) … spesso anche una poca disponibilità all’ascolto.

Che fare?

La prima temibile causa è il conciliare i tempi di lavoro e di vita.

Il poco tempo e le tante preoccupazioni sottraggono energie a quelle che dovrebbero essere le relazioni e il nutrimento familiare.

Così ritrovarsi estranei ma vicino all’altro è immediato.

Il covid ha rimesso [in parte] vicini partner e figli in un attimo baleno.
Ha concesso a tutti [in parte] una seconda chance per andare a RI-TESSERE le PAROLE di AMORE e di CURA verso i cari.

>>>Quindi costruire routine, che comprendano PIACEVOLEZZE e non solo doveri.

Nel lockdown si è ricevuto inoltre un nuovo carico di ansie, di compulsività a fare, compensati da un enorme quantità di TEMPO LENTO.

Che fare?
Cogliere il TEMPO

  • SOSPENDERE, SILENZIARE I RUMORI dell’ansia,
  • ASCOLTARE le PAURE e gli ENTUSIASMI,
    sostare nelle FRAGILITA’.

PUOI METTERE IN CAMPO TUTTO QUELLO CHE VUOI PER APPROFITTARE DEL MOMENTO E VIVERE AL MEGLIO QUESTA SECONDA CHANCE.

>>>Hai le opportune risorse se ti guardi in modo generoso e non severo per attivarti ad uscire da questa situazione, oppure posso aiutarti io.

Devi attivarti per innescare la trasformazione che serve ad uscire dalla SOLITUDINE plumbea del GENITORE, il senso di smarrimento e AIUTARTI a sviluppare le potenzialità EMPATICHE sia verso di te che nei confronti dei tuoi FIGLI.

  • Allenarti all’ascolto.
  • Allenarti all’osservare silenzioso.
  • Allenarti a CHIEDERE AIUTO.

Essere adulto, GENITORE, compagno è essere consapevole dei propri bisogni attuali e veri, comprendere quali risorse cercare e dove cercarle.

Grazie agli studi di Pedagogia Clinica® posso aiutarti a percorrere questo inverno organizzandosi per la Primavera. Questo a qualsiasi età, adolescente, genitore, anziano.

IL SENTIRSI SOLI che può accadere oggi, ma non solo è un accorgersi come GENITORE di non avere scambi nutrienti con i figli. 

Non conoscersi. SBAGLIARE tutte LE DOMANDE. Comunicare in negativo.

Per questo credo che la figura di una pedagogista sia utile risorsa.

Una postilla: la “solitudine” nel bambino non è sinonimo automatico di un futuro a rischio patologico, può essere invece come affermava Winnicot una ESPRESSIONE della capacità di aver introiettato e metabolizzato la madre (grazie alle sue cure e collaborazione) tale da consentirgli di sostare in un gioco SOLITARIO in quanto già adeguatamente nutrito nel suo bisogno di attaccamento.

Questo in una armoniosa alternanza fra ricerca di autonomia e interazioni con gli altri è sinonimo di una crescita costruttiva, nel bambino come per te.

IMPORTANTE: la solitudine di cui parlo non ha a che fare con la depressione, che è una malattia. In quel caso il mio intervento NON è primario, occorrono altre figure di area medica per aiutarti. Poi ci sarà il momento in cui con il mio aiuto potrai anche ragionare sull’essere genitore, per farlo bene devi però stare bene.

Un caro saluto

Vania Rigoni

Usa il form per scrivermi oppure 3332351003 /dr.vaniarigoni@gmail.com

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