Didattica a distanza, basta emergenza ora organizziamola

Normalmente non parlo di didattica nel blog, parlo direttamente ai genitori, ma in questo periodo mi sento in dovere, sapendo che ci sono tanti insegnanti che lo frequentano, di aprire uno spazio di riflessione incrociato genitori e scuola.

La didattica a distanza, che è stata inevitabilmente attivata nel momento in cui siamo, ha portato insegnanti, ragazzi e famiglie direttamente in un epoca post-contemporanea: siamo passati in moltissimi casi da carta, penna, forbici, colla e libro di testo a strumenti che passano le loro informazioni e i loro contenuti attraverso infiniti dispositivi digitali che si devono interfacciare e interconnettere fra di loro.

Questo cosa ha causato? Famiglie dove non c’è un esperto di tecnologia, quindi riuscire a far parlare i vari dispositivi e fonti fra di loro, riuscire a scaricarle e tradurle in un materiale che sia fruibile per il figlio ha generato molte ansie.

Ci sono famiglie che addirittura gli strumenti non li hanno, pertanto c’è tutta una difficoltà legata al fatto di non avere un computer a persona, per cui se in casa ci sono 2 figli e magari un genitore che deve fare anche delle ore di smart working è facilmente deducibile come questo diventi un affare molto complicato.

In più, c’è anche una grossa fascia (non dimentichiamoci le statistiche di Save the Children sulla povertà in Italia) di persone, di famiglie che a malapena ha il telefonino.

Tutte quelle famiglie, e sono tante, mi dovete dire come fanno a far fare la didattica a distanza se la didattica è materiali organizzati in vari luoghi e poi da stampare, perché l’altro problema per le famiglie è la stampante. Non tanto reperire i fogli,  la leggenda de “il reparto cartoleria dell’Esselunga è chiuso”, no, la vera preoccupazione per quelle famiglie è non avere la stampante.

Perché fino ad oggi non eravamo mica obbligati ad avere una stampante, molti stampavano nei luoghi di lavoro. Questa è la problematica dalla parte delle famiglie.

Il Decreto dice di avere attivato dei sussidi, riusciranno ad arrivare in tempo?

La problematica da parte dell’insegnante è che quelli un po’ più restii alle tecnologie si sono trovati a dover dare ragione ai colleghi più avvezzi, più moderni, più affini ai dispositivi digitali e hanno dovuto nel giro di pochissimi giorni re-inventarsi come insegnanti e-learning.

Questo ha comportato che per molti di loro è venuto a mancare un oggetto primario del loro sistema di insegnamento:
la persona, il corpo del loro ragazzo o bambino (pensiamo anche agli insegnanti dei più piccoli).

Gli è mancata l’abilità tecnica e tecnologica di trasformare i loro personali strumenti digitali in qualcosa di adatto per i bambini, ma ci hanno provato e si sono resi permeabili ai nuovi influssi.

Per alcuni di loro è rimasta la resistenza, fortissima, per cui i compiti a casa sono digitali nel senso che li inviano ma in realtà restano in forma analogica quindi sono schede da stampare, pagine da leggere e poco altro…

Tutto questo per dire che l’insegnante comunque non era preparato nella media, esattamente come le famiglie, a sostenere un momento di passaggio, di paradigma, dalla didattica tradizionale alla didattica e-learning come quello che è stato richiesto in questo momento.

Quindi i due estremi, le due mani che vanno a sostenere i bambini/ragazzi entrambe impreparate rispetto a quello che sono l’apprendimento e la didattica fatti attraverso degli strumenti privi di corpi e densi di ambienti virtuali e di tecnologie.

L’ultimo passaggio qual è?

Il disagio del bambino, dello studente.

Quello che sto raccogliendo è un iniziale entusiasmo verso l’approccio: finalmente anche i loro insegnanti si sono modernizzati!

Quindi c’è stato all’inizio, specialmente nei più grandi, uno slancio di entusiasmo nel vedere che  anche il loro docente apparentemente più anziano diventava un moderno navigatore. Però questo è stato un impatto iniziale, perché poi come tutti i dispositivi se non si sanno usare, se li continuiamo ad utilizzare nel modo in cui ci muovevamo precedentemente accade che non funzionano.

E questo ve lo dico da studiosa di didattica e di apprendimento – faccio formazione ormai da tanti anni e lì mi sono specializzata – non è immediato il passaggio dall’aula reale fatta di corpi all’aula fatta di video, bisogna fare un passaggio mentale di paradigma, questo alla scuola non è stato concesso perché purtroppo il coronavirus è arrivato. Tuttavia noto che alcuni insegnanti non si sono posti questa riflessione, non mi sento di dire TUTTI ma ho raccolto veramente troppe testimonianze, e non vi parlo solo dei genitori ma anche dei ragazzi, di insegnanti che non hanno voluto fare questo cambio di paradigma, che però inevitabilmente andrà fatto -visto anche l’ulteriore Decreto del 6 aprile -perché comunque abbiamo visto che per alcuni ragazzi e per alcune materie ed alcuni aspetti delle materie è estremamente funzionante e probabilmente la dovremo portare avanti per molto tempo.

Quindi, didattica al tempo del coronavirus per noi adulti è qualcosa di importante, che richiede un’estrema attenzione e cura, in quanto il genitore non si deve trovare costretto a passare 1-2 ore a fare il vice maestro del figlio per reperire ed organizzare tutti i materiali sparsi in vari strumenti semplicemente perché dall’altra parte l’insegnante, specialmente delle medie e delle superiori, utilizza 6/7 strumenti differenti a classe.

Questo provoca conflitto, disarmonia, provoca tutte quelle situazioni di non comunicazione e non armonizzazione che poi vanno in ricaduta sui ragazzi e producono un non apprendimento perché nell’mbiente non tranquillo, non sano, quello che si produce è astio, fastidio, disgusto verso l’ambiente scuola.

Quindi, ritornando a voi insegnanti, vi dico che sì, siete stati grandi a mettere in pratica in qualche modo la didattica a distanza però ora che è passato il primo momento di esperimento, fate tesoro delle storie, delle fatiche che vi arrivano, pensate a tutte quelle famiglie che sono interessate dalla disabilità, perché nelle fragilità delle famiglie, nella povertà, nella non abitudine a stare nei mezzi tecnologici poi ci sono anche le famiglie investite da delle disabilità. In quelle famiglie, non esserci di corpo, di presenza è drammatico.

Tu insegnante puoi dialogare col genitore, non devi avere paura di questo, questo è il momento. Dialogare col genitore e farti aiutare ad aiutarli. Questo è un aspetto importante.

Faccio un piccolissimo ultimo cameo e ti dico: se sei un insegnante della fascia 0-6 non puoi non farti vedere nei video. Quindi mi raccomando, se anche mandi dei video, delle video letture, degli strumenti, ogni tanto fatti un video perché i tuoi bambini hanno bisogno di vederti negli occhi. E se ci pensi bene, TUTTI i tuoi bambini hanno bisogno di vederti… E qui ti racconto la storia di Gino che fa la quarta primaria e mi dice:

“Cara Vania, a me piacerebbe fare gli incontri con le mie maestre come vedo te una volta alla settimana, perché io ti vedo, ti riconosco, mi sorridi, posso vedere se sei sempre uguale in tutte queste settimane, e le maestre – a cui lui è affezionatissimo – no, scrivono e basta!”

Sono 3 settimane che Gino non guarda negli occhi le sue maestre di quarta elementare.

Loro scrivono in un forum, lui è lentissimo a leggere e scrivere per cui rimane sempre indietro, arranca nella fatica del corona virus e nella fatica di aver perso lo sguardo delle sue amate maestre.

Per chiudere vi invito, genitori e scuola, a prendervi ancora di più per mano, se avete bisogno io ci sono e proseguiamo questo percorso nuovo INSIEME, non necessariamente irto e pericoloso, non necessariamente negativo della didattica a distanza.

Vania Rigoni

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