La svogliatezza…come affrontarla

“Hai fatto i compiti?
Li hai scaricati?
Hai guardato il registro elettronico?
Ti sei messo in pari? Hai fatto tutte le esercitazioni?
Lo sai che domani ci sarà la diretta?
Poi devi consegnare in tempo i compiti…”

Ecco questo è un cammeo di quello che ascoltano i ragazzi in questi giorni che sono a casa ma anche di quello che stanno ascoltando normalmente i ragazzi anche quando non c’è un isolamento forzato come questo periodo. Questo non contribuisce certo a motivarli. E’ ovvio, è una sorta di cane che si morde la coda: tu che gli ricordi da una parte l’infinita quantità di materiali, compiti, esercitazioni e pagine da studiare e loro dall’altra che rimangono inglobati da una svogliatezza, da una mancanza di attivazione tale che li porta a vagare dal divano al letto alla scrivania, ciondolanti sulla sedia Ikea con le ruote, privi di qualsiasi attivazione verso lo studio.

Spesso il tema della svogliatezza lo affrontiamo anche in studio, sia nello Spazio Compiti (quindi nei momenti di piccolo gruppo) sia lo noto io, lo accolgo soprattutto, nei momenti di Pedagogia Clinica.

Cosa significa essere S-vogliato?
Svogliato, con quella “S” lì davanti, vuol dire che la voglia se n’è andata.

Quindi l’attenzione e la ricerca di una figura educativa significativa che guida i ragazzi è quella di andare a capire come mai la voglia se n’è andata. Sicuramente una comunicazione come quella all’inizio di questo audio, che ti invito a riascoltare, è una comunicazione che favorisce la fuga.

La fuga da qualsiasi cosa: la fuga dell’adolescente da casa, la fuga di un pre-adolescente dall’attenzione, la fuga di un bambino nella sua zona comfort che sono i giochi.

Quando noi parliamo, comunichiamo, con un bambino o un ragazzo, quando tu parli a tuo figlio non puoi utilizzare una ritmica vocale così incalzante come ascolto troppo spesso.

Vorrei che tu sentissi    come    le    mie    parole     volutamente    adesso     si      stanno     rallentando?

Tu probabilmente hai fretta e non vedi l’ora di sapere dove vado a parare, ma in realtà se io voglio rallentarti, se voglio attirare la tua attenzione (specchio di quello che vuoi fare tu con i tuoi figli) c’è un modo valido per farlo: usare le pause, il tono, l’intercalare, lo sguardo tutto dosato con cura, con pensiero.. .

Queste sono le doti professionali che vengono messe in campo dai professionisti come me dell’educazione, sono le doti che TU astutamente devi apprendere per poter costruire con tuo figlio una relazione significativa e andarlo ad aiutare a non perdersi la voglia per la strada.

Le consulenze sono ottimi momenti di formazione per i genitori, dove sciolgono alcuni dubbi e “rubano” alcune arti messe a disposizione.

La voglia è una dimensione della mente in cui i ragazzi a volte non sono aiutati a sostare.
La voglia fa parte della curiosità, è interesse, è fame di sapere, di interessarsi a qualcosa.

Se la voglia non è alimentata da una dimensione di piacere non è possibile che il ragazzo si mantenga connesso.

All’interno della dimensione “classe”, “piccolo gruppo”, è più facile creare un setting stimolante dove la voglia viene nutrita e pian piano fiorisce. Perché ci sono molte teste, ci sono interazioni, ci sono corpi che si devono armonizzare l’uno sull’altro sennò casca l’astuccio, sennò non ci si entra sul tavolo, ecc…

C’è un insieme di connessioni che vanno a interfacciarsi l’una con l’altra è devono trovare un equilibrio.

Quando noi ci muoviamo, quando noi attiviamo il corpo per trovare un equilibrio lì lasciamo libero spazio ad una parte del nostro cognitivo per apprendere, per essere concentrati. Mi viene l’esempio di qualche ragazzo che è molto vivace e fatica a stare fermo, anche in studio nel lavoro individuale, e io cosa faccio?
Lo assecondo.

In che senso? Non gli chiedo di stare seduto alla sedia ma creo delle proposte, delle esperienze pedagogiche che vanno dietro alla sua caratteristica, a quella sua potenzialità che è quella di riuscire a stare in movimento, per poter poi condurre per mano in una relazione di fiducia e di stima il ragazzo a piano piano trovare una sua dimensione di regolazione che lo porterà a stare seduto.

Ti faccio questo esempio: diversi anni fa, conobbi un ragazzino, che era appena entrato in seconda media, che faceva ben 3 discipline sportive. Tutto questo perché lui non riusciva a stare fermo: stava a scuola, finita la scuola riusciva a studiare un’oretta o poco più poi aveva bisogno di fare sport altrimenti – non è mai stato un ragazzo scorbutico, violento o irascibile ma – viaggiava come una palla per la casa creando non poche complicazioni ai vicini e agli oggetti frangibili di casa. 

Nel nostro lavoro ci eravamo dati un obbiettivo a lungo termine che era quello di prolungargli i tempi di attenzione e di concentrazione e uno a breve termine ovvero che lui riuscisse in qualche modo ad allungare i suoi tempi di studio pur muovendosi.

Abbiamo utilizzato delle “coreografie” di apprendimento che ho messo a punto appositamente per lui, di modo che lui potesse allungare i suoi tempi non perdendo tempo di studio.

Questo ha talmente funzionato che il ragazzo dopo un paio di anni non soltanto ha interrotto gli incontri individuali ma sta frequentando un liceo scientifico, da solo, in grado perfettamente di auto-controllarsi e di poter sostare all’interno un percorso così impegnativo come quello del liceo scientifico. Però, all’interno di questo che cosa ho fatto: gli ho fatto capire che ero in accordo con lui, che comprendevo il suo bisogno di movimento, gli ho fatto capire che non c’era bisogno che la voglia se ne andasse.

Devo dire che i migliori alleati di questo percorso Pedagogico Clinico®  sono stati i suoi genitori che non hanno mai mollato un minuto e dal primo momento si sono fatti guidare all’interno di un iter che non era la strada delle ripetizioni ma un percorso molto profondo di aggiustamenti, di armonizzazioni, di ricerca di consapevolezza di dove questa voglia fosse e di come la potessimo gestire invece che farla scappare.

Questa esperienza ve l’ho raccontata perché è veramente rara, fra i commenti che io leggo e fra le persone che mi stanno scrivendo in tanti sono scoraggiati, quindi tu puoi approfittarne, farne tesoro e cercare di adattarla a quello che ti fa più bisogno.

..e se poi vuoi …io ci sono per darti una mano professionale.

Vania Rigoni

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