C’è o ci fa? Mi chiedevano due genitori circa la loro adolescente che sta collezionando 4 come fossero caramelle.
La ragazza ha sempre vissuto un andamento da mare d’inverno nel suo modo di studiare, voti altissimi e voti bassissimi, e sarebbe elementare:
dire che se studia ottiene.
- Se loro si mettono a osservarla, Vale studia, sta ore e ore nella sua stanza con la lucina fissa sui libri, non esce neanche per studiare.
- Se Vale va a ripetizione le fanno i complimenti, ha stoffa.
- Le sue docenti più agguerrite nei 4 la invitano a non mollare, ha stoffa.
A volte i ragazzi a casa, di fronte ai compiti, si sentono gli unici (e “i diversi”) a provare sensazioni di difficoltà e disorientamento.
Vale senza riuscire a dirlo a voce alta, si sente sola in quelle ore di studio. Lei così legata ai suoi genitori, alla nonna e al fratellino, si sente tuttavia sola perchè distante dal gruppo cui vorrebbe inserirsi e dal quale vorrebbe differenziarsi.
Gruppi omogenei che si “accoppiano” per similitudini anche parentali, altri per la passione dello sport (calcio) e altri per le scelte di vita (uscire in Repubblica) o al Colle Bereto. Poi ci sono loro, dal pensiero divergente, con gusti particolari -alcuni per scelta altri per tattica-, loro che non hanno nulla da dividere con gli altri e che vengono visti come simpatici e diversi.
Tutto questo per un adolescente è ganzo finché non è pesante.
L’adolescente non sa che quel riflettore su di loro è un’incudine che cascherà nel momento della loro fragilità.
Così è accaduto a Vale, a Mia, a Tony, a Fede e a molti alti che ho conosciuto…un giorno hanno trovato uno scoglio alto nella scuola e la loro caratteristica di simpatia e di curiosità è divenuta una zavorra.
Tutto questo ha un PESO IMMENSO nello studio.
In consulenza ai genitori di Vale spiegavo proprio questo:
quel peso è un disturbatore di onde positive di apprendimento.
Riesci a immaginarti il cervello?
È un reticolo complesso di “tubicini” e “snodi” detti neuroni che si connettono per sinapsi, all’interno delle quali passano le informazioni in forma elettromagnetica -tutte, non alcune di qua e altre di là-.
Se quei condotti sono ostruiti dalla pesantezza non possono passare i fluidi dell’apprendimento, le aree che dovrebbero attivarsi e mettersi in moto si ostruiscono e opplà loro non capiscono più nulla.
Nel mio lavoro con i ragazzi, da quando li affiancavo nella scuola, poi nell’extrascuola e ora nel lavoro individuale ho messo a punto delle “proposte strategiche” per tirarli fuori dallo zavorramento (che non hanno a che fare con la psicoterapia che a volte è consigliata anche da me).
🔴ESCAPE ONE
Uno di questi progetti è lo Spazio Compiti Educativo RIGONI per bambini e ragazzi. Si confrontano ogni giorno con difficoltà e scoraggiamenti che non sono i propri, ma di qualcun altro/a, questo li pone nella posizione di aiutare e di sostenere, in un circolo virtuoso di gesti educati.
Lo Spazio Compiti Educativo RIGONI è progettato per NON essere uno spazio a tu per tu tra una figura educativa e un solo soggetto, come altri percorsi pedagogici, ma si basa sul micro gruppo. Questo significa offrire la possibilità di sperimentare dinamiche significative sul piano relazionale, senza la dispersione data da un gruppo ampio e discostandosi un po’ dalla relazione a due tra un Educatore e un Soggetto.
La conduzione del gruppo da parte di personale educativo permette a bambini e ragazzi di sperimentare che “l’altro” vive sensazioni simili, che non si è soli.
I momenti no arrivano, ma si superano! E se non si superano OGGI lo faremo domani, con nuove competenze .
🔴ESCAPE TWO
Un altro percorso che io reputo propedeutico per lo Spazio Compiti Educativo RIGONI è il lavoro individuale pedagogico con me volto ad osservare finemente le potenzialità, disponibilità e abilità di Vale, Tony, Fede e gli altri ed entrare in una significativa relazione di fiducia e di positività dove nell’uno a uno è più facile provare le “cose pensate impossibili”.
Il lavoro pedagogico è un lavoro globale, non sui compiti quanto su quelle competenze e abilità che dovrebbero essere sollecitate per apprendere da un lato e dall’altro insegnare a percepirsi nella tensione e nella distensione, potendo uscire e entrare dall’una all’altra parte (grazie ai Metodi e alle Tecniche della Pedagogia Clinica in aiuto alla persona).
Questo mi permette anche di essere di aiuto alla famiglia in modo capillare, essendo in grado di suggerir loro “trasform-azioni” per aiutare la figlia e il figlio.
E ai genitori di Vale che hai detto?
Di aumentare i momenti con lei a FARE cose. Il vuoto siderale dell’adolescenza va riempito di momenti costruttivi, di ri-BELLIONI (musei, film, eventi musicali, gite). E subito da entrambi sono fiorite idee, pensieri
Ho anche chiesto loro di cambiare il modo di comunicare, meno giudicante e sprezzante (anche se a volte lo meriterebbe) che tanto a zavorra la ragazza è già messa bene e più rigoroso nelle regole.
Vania Rigoni
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