Come le difficoltà che emergono per dei prerequisiti non conquistati possono essere superate

La prima volta che l’ho incontrata era minuscola per i suoi anni. Gli occhi penetranti, sgranati e curiosi. La voce sembrava quella di un personaggio dei fumetti.

Lei, una Alice delle meraviglie, dal nome dolcissimo…che per privacy non ti dirò.

Ha trascorso l’infanzia nell’angolo, di una scuola dove la grande preoccupazione era che lei parlava poco. Ore di logopedia, di alta qualità l’hanno aiutata a comunicare col mondo…

Ma all’infanzia lei ha fatto la tappezzeria.

I suoi genitori hanno fatto tutto quello che gli veniva suggerito, ma non sono insegnanti e non sapevano come e cosa le mancasse di apprendere. Quindi come farebbe qualsiasi genitore, l’hanno spronata, punzecchiata e come capita a volte “hanno involontariamente” alimentato le sue insicurezze.

Alla fine è andata in prima primaria. Il terrore nei suoi occhi, la paura di qualsiasi cosa…lei che ancora non aveva capito con che mano scrivere.

A scuola non ci voleva proprio stare, meglio le sue bambole e le principesse. E poi i grandi mal di testa perché c’era da impegnarsi…

Qui è iniziato il mio lavoro pedagogico clinico con lei e i suoi genitori.

UN LAVORONE

🔷 prerequisiti quasi assenti

🔴 concentrazione da sviluppare

🌀caos emotivo di fronte alle richieste e all’errore

✳️ lateralità da stabilizzare

A DISTANZA DI UN ANNO SCOLASTICO:

♥️ tutti punti suddetti sono in netta evoluzione, e non lo dico solo io: LO DICONO ANCHE A SCUOLA!

Ci vuole pazienza, continuità (che loro hanno avuto anche nel seguirla in estate secondo le mie indicazioni) e qualcuno che sappia trovare la chiave per aprire la porta degli apprendimenti.

Apprendere è qualcosa di complesso, non basta ripetere e ripetere…lo scrivo e dico da millanni.

cit. Dizionario di Pedagogia Clinica, ed. ISFAR

Processo dinamico distintivo dell’uomo caratterizzato dalla forma pensante e attiva del fare che ne determina un cambiamento e un’evoluzione. Apprendere è un’esperienza globale che richiede alla persona percorsi di esplorazione, di ricerca, in un continuum in cui la valenza affettiva dell’interazione sottolinea e rinforza il contesto di fiducia reciproca tra gli attori della relazione educativa. In Pedagogia Clinica, sostenuti dal principio di globalità e di educazione, quando ci si riferisce all’apprendere ci si appella a un processo dinamico basato sulla concezione attiva, su ciò che valorizza lo sforzo per appropriarsi delle conoscenze provenienti dall’esterno, impegnando tutte le abilità, fisiche, psico-affettive e cognitive che, espresse con intenzionalità, trovano occasione di emancipazione. È un apprendere, quindi, che non passa da vie direttive e istruttive, bensì da una condizione favorente che permette alla persona di scegliere liberamente tra le soluzioni possibili quella considerata la più adeguata.

COSA HO FATTO?

Il lavoro si è svolto utilizzando tutte le competenze della Pedagogia Clinica in aiuto alla persona e quelle che vengono dagli altri miei studi di aggiornamento.

Si è aggiunto il lavoro con la famiglia, compresi i nonni, consulenze operative e strategiche per andare tutti nella stessa direzione.

Infine e NON meno importante il coordinarsi con la scuola (come spiego ampiamente nel mio libro Genitori e Scuola)

 

Vania Rigoni

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