Nella prima parte di questo articolo (che puoi recuperare leggendo qua >>Prima Parte) ti ho accompagnato passo passo nel comprendere come mai le tappe di apprendimento sono tanto importanti e devono essere percorse con CALMA.
Un proverbio azzeccato sarebbe: Tutti i nodi vengono al pettine!
E’ indispensabile per un bambino provare e riprovare e riprovare così tante volte un gesto, un rumore, un movimento prima di comprenderlo, assumerne la consapevolezza, riuscire a pianificarlo e poi a renderlo astratto e poterlo recuperare al bisogno.
Ricordi quando era piccolo che ti irritava perché faceva una cosa ripetute volte.
Ricordi…
- butta a terra un oggetto e ride, tu lo prendi e lo ributta…
- lancia una cosa e ride, tu la raccogli e la rilancia…
- ti chiede la stessa storia mille e mille volte…
- vuole indossare sempre la solita maglietta…
Per poi arrivare alla magica frase “Voglio fare da solo!” e lì cominciano i guai!!!
Queste operazioni fanno sempre parte di quello che Maria Montessori ha definito con una famosa frase, oggi da social “imparare ad imparare”.
I bambini in questi movimenti sensomotori ripetuti nel tempo e nello spazio “imparano ad imparare” prima da loro stessi e poi dal contesto esterno (la mamma, il babbo, i nonni, la scuola…).
Tornando ad Arturo, il gigante di 12 anni i cui genitori sono venuti allo studio preoccupati del suo cambiamento, del suo annoiarsi, del suo rifuggere attività in cui era leader….
Arturo che non ha gattonato in autonomia, non ha esplorato se stesso e il suo ambiente, si è sentito come so-spinto da seduto a in piedi.
Non ha vissuto lo sguardo dell’adulto che lo incoraggiava a provare a cadere, rialzarsi, avere paura e poi coraggio.. Non ha imparato i movimenti (le prassie) del procedere a gattoni e così il passare da una esplorazione statica (seduto) a una in movimento autonomo in piedi è mancata di una tappa.
Organizzare il procedere a gattoni, prevede di aver imparato che può essere autonomo se sfrutta l’appoggio sulle mani e sulle ginocchia.
Prevede l’imparare un nuovo pezzo dello schema corporeo, nuove possibilità nel proprio corpo e nuovi confini (mi muovo a gattoni, ho una vista anteriore, per guardare dietro devo fermarmi e girarmi, quindi il mio apparato uditivo deve saper decodificare da dove viene il rumore..la voce).
Potrei scrivere fiumi…su questo argomento cross-nodale fra la pedagogia, la psicomotricità , la neurologia e la psicologia. Alla base dell’apprendimento, del movimento, del pensiero c’è sempre IL CORPO come contenitore, mezzo, relazione.
Prima parlavo di MANI. Le MANI di Arturo non hanno fatto certe sperimentazioni, lui lega sempre e solo usate per “afferrare, toccare, conoscere”, le ha usate come un mono-blocco, non come singolo dito e singolo movimento dissociato.
Ti dico questo perchè non a caso i genitori di Arturo mi dicono:
dottoressa, ha una grafia bruttissima, si legge…
ma il disegno e la scrittura sono veramente una cosa faticosa per lui…
Per un bambino piccolo è importantissimo “percepire le mani” e le “dita”… imparare a dissociarle e apprenderne le infinite potenzialità.
Sempre più spesso in studio arrivano bambini e ragazzi con impacci nell’uso delle mani e dita (gnosie digitali difficoltose), prima ancora che nell’impugnare una matita.
Cosa è accaduto al nostro Arturo?
Era vispo, intelligente e i suoi genitori hanno così pensato di nutrire quella parte mentale/cognitiva che sembrava incuriosirlo tanto e gli hanno insegnato a leggere prima di imparare tutto quello di cui ho scritto fino ad ora.
Cosa ha perso Arturo?
Ha perso il muoversi affinando sempre più le sue competenze.
Ha limitato il gioco senso motorio che invece consente, attraverso l’emozione del piacere, lo scambio, la relazione, la serenità che in esso si genera, l’eliminazione delle tensioni o la loro attenuazione favorendo l’apertura agli apprendimenti (Brunner ).
Nel gioco il bambino passa gradualmente a risolvere problemi da semplici a complessi. Il successo o l’errore sono ben vissuti nella passione del gioco. Il gioco inventa, crea, esplora e rinnova, cambia le carte in tavola continuamente (come ha scritto Piera Filippa nella sua recente tesi di laurea realizzata in studio da me).
Le sue mani, la propriocezione delle sue mani e la capacità di dissociazione delle dita sono rimaste indietro nella storia di crescita di Arturo, mentre altre abilità si stavano formando e così fin da subito ha iniziato a impugnare male e a scrivere ancor peggio.
Oggi è un 12enne con una grafia brutta.
Ha anche perso la curiosità, mentre gli altri imparavano l’alfabeto e la lettura (anche con l’ausilio di disegni) lui già sapeva, si stufava… si è orientato maggiormente nelle aree di poca necessità grafica.
Poi è cresciuto tanto in altezza, così ha perso ancora di propriocezione, non riconosce i confini del suo corpo che continuamente cambia. È scoordinato, dice il babbo.
Che si fa? Quello che hanno fatto la mamma e il babbo di Arturo. Hanno iniziato dalla base, l’educazione, i processi della formazione…e sono venuti da me.
La pedagogia può aiutare Arturo, certo.
In particolare il mio modo di progettare pedagogia può essere di aiuto. La mia competenza che ha interconnesso formazioni sul disegno, sul gesto grafico, sul corpo (pedagogia clinica®) e ovviamente sugli apprendimenti mi consentono di condurre Arturo a una scoperta e ri-connessione con i “pezzi che ha perso”.
Come specialista, di fronte a una storia come quella che ti ho raccontato sono in osservazione, devo capire bene come costruire un progetto pedagogico per Arturo e Famiglia.
Le tappe professionali da percorrere saranno:
1)conoscenza di Arturo
2)osservazione e verifica delle abilità, potenzialità e disponibilità di Arturo
3)riflessione su quali aspetti sia giusto lavorare.
Per esperienza ti dico…
Il gioco sarà il mio alleato.
È nel giocare e soltanto mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé. Donald Woods Winnicott
Quando parlo di gioco, parlo di una cosa seria. Come già studiosi prima di me, anche io ti parlo di quell’azione -il GIOCO VERO- che è connotata di serietà (anche se porta al divertimento), di regole pur essendo libere, di non produzione di oggetti.
Parallelamente al gioco, userò tecniche e metodi che richiameranno l’attenzione al corpo e alla sua segmentazione, lateralità e confine..e di nuovo al piacere.
Quindi se sei una “mamma o un babbo” di un figlio come Arturo puoi contattarmi direttamente con questo link Contattami!
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Il gioco può essere anche il tuo alleato, se vuoi fare prevenzione.
Tu, mamma e babbo, imparando dalla storia della famiglia di Arturo che ti ho raccontato (con licenza narrativa per renderla utile) spero non ti faccia più prendere dalla voglia di insegnargli a leggere a 4-5 anni..
C’è la scuola primaria per questo. E tu gli devi il regalo di non sottrarlo dalla possibilità di entusiasmarsi di fronte a quella maestra che lo condurrà alla scoperta dell’alfabeto e della scrittura.
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Ricorda:
Oggi si parla tanto di disturbi della scrittura, da specialista ti dico che molti potrebbero essere prevenuti con una cura maggiore della fascia 0-6 anni.
Per questo cerco di scriverti del mio lavoro e delle persone che vedo. Raccontarti che ci sono possibilità.
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Così se senti che stai sbagliando qualcosa o che sei in crisi con tuo figlio, come i genitori di Arturo CONTATTAMI!
Se hai domande, vuoi fissare una consulenza educativa con me puoi contattarmi
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