Tanti anni fa Arturo era un piccoletto molto fragile, tu lo hai capito subito ancor prima che le tate del Nido ti segnalassero qualche sua stranezza. Tuttavia è arrivato alla materna senza grossi problemi, ma la via del Mayer (l’ospedale dei bambini) stava diventando un pò troppo familiare…
…e la febbre, e le convulsioni, e poi cadeva…
…finché ti dicono che Arturo ha “il piccolo male” (una forma meno grave di epilessia) come suo nonno.
Da quel momento ti sei documentata, con il suo babbo avete contattato i migliori esperti e la scienza medica vi ha aiutato con cure che oggi sono efficaci e con effetti collaterali sempre meno invasivi.
Alla scuola primaria però quello che prevale è la paura.
E se avesse un attacco epilettico? E se si facesse male?
Viene seguito da un insegnante di sostegno.
Nel frattempo Arturo ha anche sviluppato una certa iperattività emotiva e motoria che lo distrae continuamente dalle spiegazioni e dai compiti. Ha bisogno di esser lasciato in pace la prima ora (effetto del farmaco) e poi di essere contenuto, spesso fatto uscire di classe.
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Questo che ti ho descritto è il racconto di una coppia di genitori che ho seguito, moderni e pratici che sono venuti al mio studio più o meno a Natale molto preoccupati non trovando nessuno che proponesse loro qualcosa di “completo”. Come sai ci sono i doposcuola, ci sono i logopedisti, i TNPEE, anche gli educatori delle cooperative e gli psicologi ma una figura come quella che rappresento non è nel pubblico ormai da secoli…
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Tornando ai genitori di Arturo quando ci siamo conosciuti erano abbastanza scoraggiati, soddisfatti di come venivano seguiti sul piano medico e farmacologico -tant’è che il figlio non aveva crisi da anni- e con una BIG domanda:
possibile che per Arturo non ci sia modo di costruire un vero progetto educativo?
E nascosta la domanda classica e fondamentale di tutti i genitori:
noi non ci saremo per sempre…
dottoressa ci aiuta a aiutarlo a imparare quelle cose che lo inseriranno nel lavoro?
Quando conosco Arturo io è in seconda media, un ragazzo simpatico con interessi legati ancora un pò all’infanzia ma neanche troppo (gli Avengers piacciono anche a mio marito come i lego collection), molto legato alla famiglia e agli affetti per lui significativi.
Certo è iper cinetico (non riesce a stare fermo neanche se lo incollo alla sedia), mastica, beve, parla continuamente e sopratutto ha una memoria pazzesca, una gentilezza d’altri tempi, ironia e voglia di migliorarsi.
Formulo il progetto ideale per loro.
Le caratteristiche che vedo per me sono diventate un binario chiaro:
- una proposta per la scuola >>>ho convocato una riunione di revisione di PEI straordinario (il PEI è il piano educativo individualizzato per chi ha una diagnosi collegata alla legge 104/92)
- una proposta per la famiglia >>>incontri e momenti di formazione e riflessione
- una proposta per Arturo >>> un percorso pedagogico per aiutarlo a fare forza sulle sue abilità
Cosa ne è seguito?
UNO – Il Consiglio di Classe, la Dirigente scolastica, la Neuropsichiatra e l’Educatore domiciliare hanno convenuto insieme a me che per lui doveva essere approntato un nuovo programma che non fosse finalizzato al contenimento e alla sua epilessia, quindi nuovi obiettivi a medio e lungo termine:
autonomia nello studio attraverso mie richieste mirate di “collaborazione” con i docenti che si sono impegnate a cooperare con me e il sostegno,
apprendimento di una socialità più matura e un controllo dei suoi impulsi adeguato alla sua pre-adolescenza (obiettivo di tutte le figure in campo).
DUE – Babbo e mamma hanno appreso una nuova modalità di interfacciarsi con lui, finalmente sereni hanno potuto dedicarsi a fare i genitori e non i “cerberi” dei compiti a casa.
TRE– Arturo ha lavorato con me in singolo per creare delle fondamenta e poi in tandem con un coetaneo per sperimentarsi sulle autonomie dei nuovi apprendimenti acquisiti.
Il finale di questa storia
All’ultimo incontro per il PEI finale ci siamo detti che abbiamo iniziato un vero percorso pedagogico/didattico e che il prossimo anno sarà fondamentale perchè poi lui acceda alla prima superiore più sereno.
Quello che caratterizza questi tipi di progetti è lo sguardo “completo” che mi piace porre sulla famiglia, osservarla per comprendere quale sia l’approccio che corrisponde più efficacemente ai loro bisogni e risorse. E poi mi impegno in prima persona a portarlo avanti con coerenza e professionalità.
La scienza dell’educazione e la pedagogia clinica sono due quadri teorici entro i quali mi muovo con sicurezza da anni, che mi hanno aiutato sia quando ho seguito bambini e ragazzi con disabilità, che con particolari difficoltà. Mi aiutano ad essere efficace con i loro genitori e valida alleata dei loro insegnanti.
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