Nei primi giorni di ottobre ricevetti la richiesta da una conoscente (docente) di preparare con lei l’ipotesi di un progetto per la sua scuola finalizzato alla prevenzione del disagio. Avevo appena iniziato a lavorarci che le fu detto che per quest’anno il disagio lo avrebbero “curato” in altri modi.Disagio. O come dico io “non agio”, il sentirsi fuori posto per un nostro comportamento, peculiarità o altro.
Il disagio si avverte quando ci sentiamo giudicati, paragonati.
Bambini che si sentono chiamare “voi siete i dislessici, gli obesi, gli extracomunitari, ma anche i pigri, i celiaci..”
Genitori che vengono definiti “gli stranieri, gli assenteisti, gli iperprotettivi…”
Insegnanti che “non vengono ascoltati, sono aggrediti, definiti per genere e/o per età..”
In questi casi il disagio c’è e non sparisce. Si alimenta. 
Nel progetto che stavo scrivendo avrei portato una mia formula educativa che reputo vincente e che da professionista 2.0 chiamo #rivoluzionedellagentilezza.
Essa prevede un sapiente e preciso intervento educativo che mostri quanto del disagio che ci circonda possa essere eliminato cambiando la modalità di comunicare e di relazionarsi, di stare con l’altro.
Come? Con percorsi olistici, come vuole la mia formazione universitaria, poi di pedagogia clinica e soprattutto la mia scelta di paradigma (relazionale sistemico).
In ogni scuola oggi si vive questa emergenza che troppo spesso vedo presa in carico (o delegata) solo dallo psicologo dimenticandosi che c’è un lavoro da fare in prevenzione che è materia della pedagogista se si reputa la scuola una delle agenzie educative.
Se vi interessa portare un progetto simile nella vostra classe, scrivetemi! ..anche le colleghe 😉 potremmo realizzarlo INSIEME
Mi farebbe piacere conoscere realtà scolastiche diverse da quella Toscana.