In questi giorni mi son trovata più volte a parlare di “linguistica e semiotica”, come lo può fare una persona interessata, ex studentessa di un liceo, con una giovane laureata in Linguistica (conversazione asimmetrica per contenuti, simmetrica per le finalità cui ne parlavamo).
Nel web e nelle aule di formazione tutti si dichiarano uniti nel NO alle ETICHETTE!
..e poi negli stessi identici spazi e dalle stesse identiche bocche escono parole come:
quanti DSA hai in classe? nel gruppo del doposcuola tutti delle periferie, magari anche extracomunitari? hai anche certificati? il tuo è adhd come il mio? il cinese e il romeno si integrano male; è un periodo che siamo pieni di dislessici.
Ho fatto qualche semplicistico esempio.
L’Educazione e chi Educa si devono liberare dagli stereotipi in cui si sono ingabbiati negli anni e AGIRE trasformazioni per tornare ad essere efficace per i bambini e i ragazzi.
L’educativo è bloccato, fermo, non riesce più ad immaginare, non produce più niente di nuovo, la ricerca è ferma. Esso implode solo in una variegata proliferazione di parole e lemmi che compiono il processo opposto alla pedagogia: scindono quello che è uno (la Persona) definendola con aggettivi spaventosi e altisonanti, modaioli come gli acronimi, scimmiottando altre discipline che dalla scienza pedagogica sono nate.
Ecco cosa mi è accaduto mesi fa in studio.
Arrivano due genitori visibilmente preoccupati. Lui molto silenzioso con occhi che parlano, lei come seduta su una sedia che scotta.
Le loro parole: siamo disperati le maestre ci sollecitano da ottobre (il bimbo è in III Primaria) a far vedere nostro figlio da qualcuno perché per loro è ingestibile, ci dicono che è problematico.
Cos’è accaduto perchè un bambino appena iniziata la terza classe primaria venga catalogato ingestibile e problematico?
-Se è così grave, lo è sempre stato, allora perché aspettare metà della terza elementare per sollecitare un intervento?
-È stato tenuto conto delle difficoltà che può avere a causa delle sue gravi allergie alimentari (in questa situazione ne aveva di importanti, ma potrebbero essere altri aspetti che lo rendono differente) nell’ integrarsi nel gruppo classe soprattutto in quei momenti che sono conviviali come le merende, i pranzi e i compleanni dove tutti gustano dolci elaborati e lui finisce per mangiarsi un pacchettino di crekers?
-Qualcuno si è preoccupato di ascoltare pedagogicamente e psicologicamente i genitori che lo hanno avuto in tarda età e inaspettatamente?
-Le maestre che in due anni non sono state sempre le stesse in quanto una di loro si è dovuta assentare per la maternità creando un ricambio proprio in quegli anni in cui si crea la relazione fra la maestra e i suoi piccoli allievi.. Qualcuno si è occupato di sostenere le docenti nel migliorare la loro affinità relazionale con i bambini?
Allora EDUCAZIONE cos’è, mi chiedo?
Qualcosa di estraneo alla scuola, alla società, alla famiglia?
E’ una scienza morta?
La risposta è pratica: la pedagogia negli ultimi 60 anni è stata reclusa fra le mura delle scuole, sempre più sovrastata da burocrazia e da didattica, si è allontanata dalla vita e dalle persone.
Gino, quel bambino e con lui tutti i Mario, Nanni e Tea sono pian piano divenuti inconsapevoli “indicatori” di difficoltà dell’istituzione scuola e della società (che lascia sole le famiglie), sono riflessi di un guardare al bambino con ansie, con con sguardo adulto e problematizzato.
Il mio approccio è differente, è puerocentrico nel senso che io il Bambino e il Ragazzo li metto così tanto al centro da proporre azioni e proposte adatte a loro, prive di fretta, prive di prestazionalità (che fa rima con sensazionalità).
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Non ti perdere la seconda parte…
Vania Rigoni
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[…] …La prima parte per chi non l’avesse letta. […]