Diversi mesi fa mi sono imbattuta sul web in una recensione di un libro Storia di una matita, stavo cercando qualcosa di insolito e intrigante da proporre ai bambini del mio studio pedagogico (ma anche ai loro genitori) per interessarli alla lettura (non per finalità didattiche ma puramente espressive-comunicative)…così scrissi all’autore, Michele D’Ignazio che gentilmente non solo mi rispose ma prese l’iniziativa di inviarmi una copia autografata.
Come arrivò fra le mie mani queste furono le prime sensazioni:
carino, maneggevole e piacevole al tatto (perchè morbido, non plastificato) e rilassante (per i suoi colori neutri benchè il titolo sia scritto in rosso). Capitoli brevi che mi permettevano di usarli in studio senza esser lasciati in sospeso. E poi la storia di Lapo, un ragazzo cui accade un’avventura molto particolare che magicamente lo lega alla storia di una matita: un oggetto semplice, familiare e creativo (non svelerò di più perché vi invito a leggerlo).
Tra l’altro il lapis HB è parte importante dello strumentario di noi pedagogiste cliniche, con esso iniziamo la relazione con i bambini facendogli realizzare dei disegni liberi da cui nascono le attività espressive che poi si ampliano in scritture sonore e coreografie corporee, in pitture e manipolazioni variegate… e i bambini (ragazzi) spiccano il volo.
Così io e Michele ci siamo conosciuti…e ho voluto scoprire di più sul libro e su di lui come autore, purtroppo ci siamo mancati per un soffio a Bologna alla Fiera del Libro, ma fargli qualche domanda è stato semplice grazie al web.
Com’è nata l’idea del libro?
Nasce da un gioco di parole, contenuto in un mio precedente racconto: “Vorrei avere la vita temperata come una matita”. Era una frase isolata, un’intuizione da sviluppare da cui è nata l’idea di questa storia.
E’ un racconto autobiografico?
Forse Lapo caratterialmente mi assomiglia un po’ ma non è la mia autobiografia. Come il protagonista ho vissuto per alcuni anni in una grande città, lontano da casa, per inseguire i miei sogni. Ma poi sono tornato.
Come mai hai deciso di dedicarti alla narrativa per ragazzi?
Per caso. Mi piaceva scrivere e Davide Longo, scrittore che avevo conosciuto a Torino e che aveva letto alcuni dei miei racconti, un giorno mi disse: “Secondo me, tu scrivi narrativa per ragazzi”. Rimasi colpito. Non ci avevo mai pensato prima. Da allora, ho iniziato a leggere narrativa per ragazzi e a scrivere storie, questa volta consapevolmente, per i più “piccoli”. Adesso, considerato che “Storia di una matita” sta avendo un buon successo e fare incontri nelle scuole mi piace, mi diverte e lo ritengo importante, sono convinto più che mai che questa, per ora, è la mia strada.
Come è nata invece la sua passione per la scrittura?
Nasce dalla libreria di famiglia, che ho iniziato a esplorare quando avevo sedici anni. Dalle letture che mi hanno emozionato, suggerendomi che gli sguardi sul mondo possono essere infiniti. Da una professoressa che al liceo organizzava corsi pomeridiani di scrittura e giornalismo e ci metteva passione in un ambiente che di passione non ne aveva molta. Nasce dalla grande libertà che provo quando scrivo. Probabilmente nasce anche dalle storie che mia madre mi invitava ad inventare, quando ero bambino.
Lapo cosa insegna attraverso la sua storia?
Insegna che è importante sognare, avere dei grandi obiettivi legati a quello che nella vita ci piace fare, ci appassiona, ma allo stesso tempo non bisogna esagerare, dedicando tutte le energia alla realizzazione del sogno. Bisogna ricordarsi delle persone che ci circondano, che ci vogliono bene, delle piccole sorprese che la vita di tutti i giorni ci regala. Altrimenti, si rischia di trasformarsi nel proprio sogno, come è successo a Lapo.
Com’è avvenuto invece l’incontro con Rizzoli?
Nel 2010 ho partecipato a “Esor-dire”, un concorso inserito all’interno del programma di “Scrittorincittà”, che si svolge a Cuneo. In quell’occasione, ho letto delle pagine di un mio romanzo inedito davanti a un pubblico di editor, tra cui quelli di Rizzoli, che mi notarono e si appassionarono al mio modo di scrivere. Ci fu quindi l’incontro, sia con la redazione di narrativa contemporanea, sia con quella di narrativa per ragazzi. Furono loro i primi a farsi avanti, volendo pubblicare “Storia di una matita”.
Cosa si prova a vedere un proprio libro pubblicato da una casa editrice così importante?
È una bella sensazione. Soprattutto perché il libro ha una buona diffusione ed è questo che più mi interessa: sapere che può essere letto da tante persone, sapere che viene spesso ristampato, sognare che un giorno possa diventare un classico, inserito in una collana importante come la Biblioteca Universale Rizzoli (BUR)
Il suo libro può essere utile anche agli adulti di oggi? Se si, perché?
“Storia di una matita” è un libro per bambini e per ragazzi, ma la storia contiene dei risvolti sociali che interessano e affascinano anche i “grandi”. Poco dopo l’uscita del libro, mi è stato detto da un lettore che “semplicità, fantasia, speranza, ricerca della felicità e capacità di critica sociale si incrociano in questa storia”. Una sintesi che mi ha colpito. Sono convinto che nel mondo dei “grandi” c’è bisogno di recuperare e potenziare queste capacità: sperare, ricercare la felicità, avere coraggio di criticare, in modo costruttivo. E poi c’è la semplicità. Bruno Munari sosteneva che “complicare è facile, semplificare è difficile. La semplificazione è il segno dell’intelligenza”. E dai bambini, in questo senso, possiamo imparare molto.
Grazie al suo libro lei sta incontrando in giro per l’Italia tanti bambini e ragazzi. Cosa la sorprende di più dei bambini e dei ragazzi di oggi?
I bambini sono energia allo stato puro, ma bisogna saperli conquistare. Provare a essere uno di loro. Non mi pongo mai su un gradino più alto e non cerco di insegnare niente. Mi limito a raccontare la storia, a farli divertire leggendo e disegnando. Saranno poi loro a scoprire, in libertà, suggestioni e messaggi contenuti nella storia.
I bambini sono sinceri e questo è uno dei motivi per cui li incontro molto volentieri, nelle scuole. Mi ispirano sincerità e io li ricambio. Ed è un grande regalo che ci facciamo.
I bambini sono concretezza e fantasia. Si appassionano a problemi concreti: ad esempio per Lapo si sono appassionati al suo problema, quello di cercarsi un lavoro. Ma pretendono una buona dose di fantasia. Il problema è concreto, ma le modalità in cui si sviluppa sono strane…
Un ultima domanda: un buon motivo per leggere il suo libro?
Perché è un invito, leggero e giocoso, a immaginare. Immaginare ciò che non c’è, ma potrebbe esserci. Senza perdere di vista la concretezza della realtà, la materia prima, che è ugualmente bella.