Aprile 2011- Pubblicavo su Facebook la “nota” che sotto inserisco: una sintesi/riflessione sul tema dell’Amicizia nata allora dalla conoscenza di Alberoni (che con la mia squadra di SiparioTv Coop.va tipoB andai ad intervistare per il nostro secondo talkshow).
Oggi la reputo ancora più attuale, sopratutto alla luce dei miei nuovi approfondimenti sui media e social e le loro ricadute sull’educazione e la relazione, amicizia e solidarietà sono i due totem che mi sento di “osservare e maneggiare” con maggior cura nel 2015. Cos’è essere “solidali” oggi? Per me non è solo essere vicino a un altro è essere solido. Quindi per me, la dott.Rigoni della Bottega della Pedagogigista e anche Vania, offrirsi solida nei confronti del prossimo, del vicino di casa e del parenti è essere amica profonda delle persone che incontro, tanto libera dagli orpelli della fretta, del denaro, del successo quanto intrisa del significato della trasparenza, del rispetto e della costruzione di una nuova società.
A voi adesso alcune riflessioni sul significato dell’amicizia, un fenomeno che ho analizzato con passione con la guida di Alberoni…..
Esiste ancora l’amicizia nel mondo contemporaneo?
Ad una prima osservazione sembrerebbe di no.
Il mondo degli affari è dominato dal mercato e dall’utile economico. La politica dalla competizione per il potere. In entrambi i casi c’è ben poco spazio per rapporti personali sinceri. Il mondo moderno, inoltre, ci impone un continuo mutamento. Quando cambiamo residenza e lavoro finiamo anche per lasciare i vecchi amici. Promettiamo di rivederci ma, poi, sorgono in noi nuovi interessi, nuovi bisogni, abbiamo nuovi incontri.
Nessuno può restare immobile e guardarsi indietro.
In Italia, la parola amicizia ha assunto addirittura un significato negativo, di privilegio, di raccomandazione. Per trovare un posto di lavoro, per essere ammesso all’ospedale, per avere una casa in affitto, occorrono delle raccomandazioni, delle amicizie. Se segui la procedura regolare, burocratica, non ottieni nulla. L’amicizia è il mezzo per passare davanti agli altri, per eludere la norma.
La parola amicizia ha finito, così, per indicare i criteri particolaristici, i privilegi, grandi e piccoli, in un sistema che, se fosse giusto, dovrebbe essere invece retto da criteri universalistici e di merito.
Molti, perciò, pensano che l’amicizia sia una sopravvivenza del passato. Qualcosa come la lealtà feudale, oppure la magia o il folklore. Secondo costoro l’amicizia, col passare degli anni, perde di importanza, ed il suo destino è di scomparire per lasciare il posto a rapporti impersonali ed obiettivi. Altri ritengono che l’amicizia riuscirà a sopravvivere, ma confinata accuratamente alla sfera dell’intimo, senza alcuna contaminazione con gli affari, i pubblici uffici e la politica.
La tesi è che, nonostante questa prima impressione catastrofica, le cose non stiano affatto così. L’amicizia continua ad essere una componente essenziale della nostra vita. Probabilmente nella stessa misura del mondo antico (il rinnovato interesse per questo argomento, anche in Italia, è testimoniato dal fatto che il v Congresso internazionale di studi antropologici siciliani – Palermo, 24-26 novembre 1983 – ha scelto come tema: L’amicizia e le amicizie). Anche la sua struttura essenziale, ciò che la distingue da tutti gli altri tipi di relazione interpersonale, non è cambiata.
Cinque secoli prima di Cristo e in una tradizione culturale. totalmente diversa, come quella cinese, Confucio elencava cinque tipi fondamentali di relazioni interpersonali. La relazione fra imperatore e suddito, quella fra padre e figlio, la relazione fra uomo e donna e quella fra fratello maggiore e fratello minore. Tutti e quattro questi tipi di relazione sono gerarchici, fra superiore ed inferiore.
Esiste però una quinta relazione che non è gerarchica, ma avviene fra uguali: è l’amicizia.
La parola amicizia non ha un solo significato, ma diversi. E non solo da oggi.
Ci accorgeremo che, nella maggioranza dei casi, la parola amicizia ha ben poco a che fare con quello che noi intendiamo quando pensiamo ad un vero amico.
Primo significato: i conoscenti. La maggior parte delle persone che consideriamo nostre amiche sono, in realtà, solo dei conoscenti. Persone, cioè, che non ci sono lontane come la totalità amorfa degli altri. Sappiamo che cosa pensano, che problemi hanno, li sentiamo affini, ci rivolgiamo a loro per aiuto e li aiutiamo volentieri. Però non abbiamo una profonda confidenza, non raccontiamo loro le nostre ansie più segrete. Vedendoli non ci sentiamo felici, non ci viene spontaneo di sorridere. In molte amicizie di questo tipo c’è addirittura invidia, maldicenza, antagonismo. I rapporti ostentatamente cordiali, talvolta, coprono una realtà conflittuale, o una profonda ambivalenza. Certo, queste persone non ci sono estranee, ci sono anzi vicine.
Secondo significato: solidarietà collettiva. In questo secondo senso, amici sono tutti coloro che stanno dalla nostra parte, per esempio in una guerra. Da un lato gli amici, dall’altro i nemici. Questo tipo di solidarietà non ha nulla di personale. Colui che porta la mia stessa divisa è amico; ma di lui non so nulla. A questa stessa categoria appartengono le forme di solidarietà che si costituiscono nelle sette, nei partiti e nelle chiese. I cristiani si chiamano fra loro fratelli o amici. I socialisti compagni, i fascisti camerati. Siamo sempre, però, in presenza di legami collettivi, non di rapporti rigorosamente personali.
Terzo significato: relazioni di ruolo. È la classe delle relazioni di tipo personale, ma basate sul ruolo sociale. Abbiamo qui l’amicizia secondo l’utile, sia quella dei soci in affari, sia quella dei politici.
Quarto significato: simpatia e amichevolezza. Arriviamo, infine, alla categoria costituita dalle persone con cui ci troviamo bene, che ci sono simpatiche, che ammiriamo. Anche in questo caso,occorre essere prudenti ad usare l’espressione amicizia. Spesso si tratta di stati emotivi labili, superficiali.
Cosa dobbiamo intendere, allora, per amicizia?
Intuitivamente questa parola ci fa venir in mente un sentimento sereno, limpido, fatto di fiducia, di confidenza.
Nel linguaggio corrente la parola amicizia ha numerosi significati. Sta ad indicare il socio, il conoscente, la persona simpatica, il vicino, il collega, tutti coloro che ci sono prossimi. C’è però oggi, come nel più remoto passato, un altro significato, quello di amico personale a cui vogliamo bene e che ci vuole bene. Quest’ultimo tipo di amicizia appartiene ad una classe più ristretta di relazioni interpersonali: le relazioni di amore.Quando pensiamo ai nostri amici più cari, alla vera amicizia, pensiamo ad una forma di amore fra persone. È facile distinguere l’amicizia dalle relazioni sociali più superficiali, dai rapporti utilitaristici o da quelli fondati su ruoli professionali.
Il vero problema, quello che, finora, non è stato ancora affrontato, è come distinguerla dalle altre forme di amore fra persone. Per esempio, in che cosa differisce l’amicizia dall’innamoramento?
Un’altra differenza fra innamoramento e amicizia è che non esiste un innamoramento vero ed uno meno vero. Non ci sono gradi di innamoramento: moltissimo, molto, abbastanza, un poco. Se dico «sono innamorato», dico tutto. L’innamoramento segue la legge del tutto o del nulla. L’amicizia, invece, ha tante forme e tanti gradi. Va da un minimo verso un massimo di perfezione. L’amicizia può essere piccola, solo un moto dell’animo, oppure grande, grandissima. L’innamoramento è perfetto fin dall’inizio. L’amicizia, invece, muove verso il di più. Quando parliamo di amicizia abbiamo presente sempre anche un ideale, una utopia.
Continuiamo la nostra analisi. L’innamoramento è una passione. In tedesco passione si dice Leidenschaft. Leiden è la sofferenza. Nella passione c’è, infatti, sempre anche un soffrire. L’innamoramento è estasi, ma anche tormento. L’amicizia, invece, ha orrore della sofferenza. Quando può la evita. Gli amici si cercano per stare bene insieme. Se non ci riescono, tendono a lasciarsi, a mettere un po’ di distanza fra di loro. Un’altra fondamentale differenza è che io posso innamorarmi di qualcuno e non essere corrisposto. Non per questo cesso di essere innamorato. L’innamoramento nasce senza reciprocità e ne va alla ricerca. L’amicizia, invece, richiede sempre, mi pare, una qualche reciprocità. Io non resto amico di uno che non è mio amico. Nell’innamoramento costa sempre una terribile fatica lasciare chi si ama. Per liberarmi di un innamoramento non corrisposto, io devo esercitare una violenza su me stesso, odiare l’altro. Ma l’odio per l’amato è, a sua volta, una sofferenza, la più atroce delle sofferenze. Nell’amicizia, invece, non c’è spazio per l’odio. Se io odio un mio amico non sono più suo amico, l’amicizia è finita. Nell’innamoramento la persona amata è trasfigurata. È ad un tempo lei stessa e più che lei stessa. L’amato è duplice: il concretissimo essere davanti a me e la divinità che incorpora in sé tutto il possibile del mondo, tutto ciò che io proietto in lui. L’amore è rivelazione di qualcosa che ci trascende. La preghiera verso l’amato è un grido di disperazione. L’amico, invece, non è trasfigurato.
Dall’amico mi aspetto che condivida l’immagine che ho di un me stesso o, perlomeno, che non se ne allontani troppo. Anche se la sua valutazione è positiva, non deve essere esagerata. Se è troppo favorevole mi dà l’impressione di adulazione. Se è troppo negativa, se si allontana troppo da ciò che io penso di me, allora non mi rende giustizia e, quindi, contraddice una esigenza base dell’amicizia. I due amici, cioè, devono avere delle immagini reciproche simili. Non identiche, naturalmente, perché allora non ci sarebbe nulla da scoprire, ma senza eccessive dissonanze. Da un amico, perciò, io mi aspetto che non mi fraintenda. Tutti mi possono fraintendere, ma non un amico. Se un amico mi fraintende, è finita
Si può dunque restare innamorati di una persona di cui non sappiamo se ci ha amato o ci ha ingannato, di cui non sappiamo se fosse buona o cattiva, se avesse un animo nobile o meschino. L’amore si manifesta proprio in questo domandarsi come era. Anche dopo innumerevoli anni, l’amore continua ad interrogarsi nello stesso modo, sfoglia la margherita. Dal primo istante in cui è apparso, si pone in continuazione una domanda a cui solo la presenza della persona amata che dice di sì, dà una risposta. Finita la presenza, cessa la risposta, e la domanda ritorna continua, ossessiva, angosciosa. Non puoi dire, come vorrebbe la ragione, «che t’importa?». Questa è l’opacità dell’amore che ama qualcosa che rimane sempre inafferrabile, perché il suo oggetto è un divenire insieme, un dover essere. Questa è la miseria dell’amore, che può solo chiedere e non può smettere di chiedere, anche quando l’altro è indifferente, od ostile. Questa è l’ingiustizia dell’amore che non conosce merito e demerito, e non premia i buoni e non punisce i malvagi. L’amore è sublime e miserabile, eroico e stupido, mai giusto. Il registro della giustizia non .è l’amore, è l’amicizia.
Estratto da “L’amicizia”, Francesco Alberoni, Garzanti
Buon fine anno e buon inizio 2015 a tutti Voi!