La Storia oggi è una di quelle materie come la Geografia che vengono spesso snobbate dai nostri ragazzi, e mentre leggete se siete insegnanti vi immaginate quei ragazzetti un po’ saputelli che vi dicono :” ..a profe…tanto son tutti morti…” oppure “che mi interessa di che tempo fa?tanto c’ho l’app..”; se siete genitori invece vedete quei volti nauseati di fronte a quelle vicende o cartine..
Li conosco sono i ragazzi che vengono allo Spazio Compiti.
E’ un gran peccato, la Storia insegna e ispira, la Geografia racconta di mondi e società che oggi son sempre più vicine, se poi le intrecciamo quanto naturalmente diventeremmo globalizzati invece di doverci fare su congressi, convegni, aggiornamenti e leggi?!
Ma questa è la storia della scuola e io qua voglio parlarvi di un’altra storia.
Il mio medico di base, che è anche un musicista jazz e un appassionato di fotografia, qualche giorno fa ha organizzato per un piccolo gruppo di amici e colleghi (eravamo solo 110) una serata in cui avrebbe mostrato le foto del suo viaggio in Tibet.
Sono eventi che fa spesso, almeno dopo ogni viaggio, ma questa volta ci ha impiegato sei mesi.
Siamo anche amici e gli ho chiesto il perché: “Sai Vania, il Tibet che noi immaginiamo non c’è più”.
Con queste parole ha iniziato la proiezione.
Ha condiviso con noi il suo percorso di ri-conoscimento di un dato reale: nel 1950 la Cina ha invaso militarmente il Tibet, sterminando i tibetani e la loro cultura, distruggendo templi e palazzi e che oggi invece sta ricostruendo con la finalità di farne un fintissimo Parco Giochi per Turisti occidentali.
“ E’ tutto finto, nella città proibita è come una ricostruzione di Disneyland, il Potala è immerso fra insegne a led e grattacieli”.
Le foto stupende che abbiamo visto sono piccoli dettagli che è riuscito a scovare nelle alture e nelle piccole tribù nomadi, ultimi nei di civiltà tibetana, loro popolo tranquillo di cui nessuno si è fatto carico.
Il giorno dopo in studio avevo uno dei ragazzini di cui accennavo all’inizio, aveva il libro di storia perché stiamo facendo training per gli apprendimenti, apre la pagina e vedo la ricostruzione di una frontiera della Prima guerra mondiale e esclamo: “La Grande Guerra!”.
Mi guarda, mi chiede. “Ma tuo babbo ha fatto la guerra Vania?”…direi di no.. sorrido.
Invece gli ho raccontato di mio nonno e della sua avventura in Abissinia come maresciallo di cavalleria.
Gli parlo del fronte italiano sulle Dolomiti, del Museo che avevo scovato in estate sulla Marmolada, delle innovazioni tecnologiche che la guerra ha permesso (nel bene e nel male)…
…avrei potuto continuare per ore.
Parlare di Apprendimento significativo è questo, lui si ricorderà per sempre della Grande Guerra.
Anche noi che abbiamo visto le foto di Antonio faremo lo stesso.
La Pedagogia usa le storie da millenni. Le storie sono pedagogiche. Tutto quello che si può raccontare è per chi lo ascolta momento di apprendimento: attenzione, concentrazione, memoria, immaginazione, percezione temporale, spaziale, abilità sensoriali…
Per forza poi io vi scrivo le mie storie nel mio Blog, fra le righe di questi post, qualcuno più denso altri più snelli, alcuni più immediati altri più complessi, potrebbero esserti importanti sollecitatori di soluzioni e pensieri e riflessioni che altrimenti non avresti mai fatto.
Contattami per qualsiasi cosa, anche solo perché tuo figlio è una schiappa a storia.
A presto,
Vania Rigoni
Sono contento e onorato di essere finito in un blog pedagogico, senza aver nessuna presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno, sono però felice che le mie esperienze e le mie emozioni, possano aprire la porta alla curiosità e contribuire a risvegliare nelle coscienze altrui il ricordo di “una tragedia dimenticata”.
Le storie esistono da quando esiste l’uomo, cambiano gli strumenti ma la narrazione evocativa resta. Dovremmo pensare a momenti come quello che hai organizzato per le scuole…