#PEDAGOGICALERT – Sai riconoscere in te “i sintomi del cattivo maestro”?

Il tema lanciato a Luglio da Snodi Pedagogici è: 

#PEDAGOGICALERT

“Quali sono le zone oscure dell’educazione?
Quali elementi ci sono nell’educazione e nella pedagogia che, se non vengono valutati, portano l ‘azione educativa ad essere “pericolosa” per chi educa e chi è educato?
Chi sono i cattivi maestri?

Oppure la Pedagogia può come disciplina, citando Marguerite Yourcenar, saper guardare nel buio con disobbedienza, ottimismo e avventatezza e scoprire strade inusitate?”

Buona lettura di questo articolo e dell’altro che ho il piacere di ospitare in questo mese…senza dimenticarvi un giro nei Blog dei miei colleghi di Snodi Pedagogici.

#PEDAGOGICALERT – Sai riconoscere in te “i sintomi del cattivo maestro”?

Finalmente qualcuno (e che qualcuno…parliamo di Vania Rigoni!), mi chiede di parlare dei cattivi maestri in educazione. 

Questo articolo ti aiuterà ad affrontare e risolvere il problema di “rischiare di essere un cattivo maestro” indentificandone prima i sintomi, cioè i segnali di allarme! Vogliate perdonare l’utilizzo di un termine sanitario “sintomi” molto lontano dal linguaggio di una pedagogista: la scelta è strettamente linguistico e strategica per la chiarezza del termine e la sua ampia diffusione!
Rivolgo la domanda direttamente a te che leggi ed è: “sai che ci sono i cattivi maestri?”.  Se la risposta è SI, sei già molto facilitato -almeno nella lettura di questo articolo- e potrai godere di una bella riflessione che ti sarà utile nei momenti in cui rivedrai in te questi “sintomi” e saprai cosa farne e come affrontarli. Se la risposta è NO, hai ancora molta strada da fare e a te vanno i miei migliori auguri!
Se hai risposto SI allora c’è un’altra domanda importante  “sai riconoscere in te “i sintomi del cattivo maestro”?”
Il punto è che tutti noi educatori siamo potenzialmente dei “cattivi maestri”. Anche quando abbiamo studiato tanto, anche quando abbiamo una laurea in mano e gli attestati di 50 corsi non siamo esenti dal poter utilizzare male le nostre conoscenze, le nostre abilità e le nostre competenze. La spiegazione di questa “potenzialità al negativo” sta in un unico assunto: SIAMO ESSERI UMANI. 
Siamo frutto di una storia tra due persone (i nostri genitori) che a  loro volta sono stati generati da un incontro (tra i loro genitori) e a loro volta anche; noi siamo cresciuti in un contesto culturale e sociale diverso da quello dei nostri genitori e così pure diverso dai nostri nonni. Ognuna di queste tre generazioni ha integrato dei modelli educativi che sono arrivati a noi e che, senza che ce ne rendiamo conto, condizionano le nostre scelte, compresa quella di occuparsi di educazione. 
Gli incontri extrafamiliari che abbiamo fatto nella nostra vita ci hanno aiutato a confermare o sconfermare una parte dei nostri condizionamenti, ci hanno fornito altri input che ci hanno arricchiti e altri che ci hanno creato sofferenza. Abbiamo vissuto esperienze di perdite importanti (i fidanzato, i genitori o un fratello ecc…) e abbiamo amato tanto qualcuno da sentire che la nostra vita rifioriva grazie a quel legame e alla presenza di quel “qualcuno”. E potremmo andare avanti all’infinito con l’elenco degli incontri importanti!
Questo è l’essere ESSERI UMANI, questa è la bellezza dell’umanità! Vale per noi educatori, pedagogisti ecc… e vale anche per le persone che ci sono affidate in quanto esperti di educazione. Questa bellezza può trasformarsi  in scarsa efficacia educativa nel momento in cui il mio dolore di educatore incontra e “si incastra” con il dolore della persona che in quel momento ha bisogno di me. L’incastro è utile nella misura in cui l’educatore fa dono di sé e del proprio dolore “senza dirlo e senza darlo”, cioè si mette a disposizione della persona mettendo la persona al centro e non sé stesso e il proprio dolore o la propria esperienza. In sintesi l’incastro è utile nella misura in cui facilita l’incontro.
Se e quando metti te stesso, la tua storia e il tuo dolore al centro del rapporto con la Persona e non la Persona stessa, ecco lì sei un “cattivo maestro”.
Quali sono quindi i sintomi di questi condizionamenti? 
I sintomi in questo caso sono più che altro dei pensieri o delle convinzioni che ti guidano, ad esempio:
“ascoltando la mia esperienza, le persone potranno trarne immensi benefici” (eccesso di onnipotenza)
“solo un educatore con la mia storia e la mia esperienza può veramente aiutare in modo efficace” (eccesso di egocentrismo) 
“quel bambino è speciale: sento le sue emozioni e non posso sgridarlo quando provoca i suoi compagni, perché so già che soffrirebbe” (eccesso di simbiosi) 
Se avverti uno o più di questi segnali, allora è il caso di affrontarli e di guardarli ad uno ad uno; una buona idea è prendere distanza dalla propria esperienza (e quanto difficile è in certe situazioni?).
Io faccio così: mi metto seduta su una sedia, chiudo gli occhi dopo essermi un po’ rilassata e immagino un mega schermo dove sono proiettate, una dietro l’altra, le situazioni che mi hanno creato sofferenza nella vita personale e che ora stanno condizionando la mia professionalità (solo quelle). Poi ripeto l’operazione spostando la sedia o la poltrona dove sono seduta indietro di un metro, re-immagino di nuovo tutto cercando dei punti di “leggerezza” nelle immagini che vedo proiettate. Spostare la sedia e cercare spunti o puti di leggerezza nelle immagini del nostro passato abbassa la risonanza emotiva di quelle situazioni e l’associazione che il nostro cervello compie tra passato e  presente senza che ce ne rendiamo conto!
Un’altra buona idea è cercare la supervisione  individuale o di gruppo: quello si che è il luogo giusto per mettere al centro la
tua persona e la tua sofferenza, dubbi ecc, lì il confronto con l’altro ti permette di crescere perché è un luogo dove sperimenti un rapporto alla pari. È un incontro con l’Altro dove i presupposti è che anche tu sia al centro!
Punto degno di attenzione: calibra con attenzione l’impatto delle storie delle persone con la tua, o rischierai veramente di essere un “cattivo maestro”!

 Federica Ciccanti,
pedagogista clinico e mediatore familiare (nonchè mille altre “cose pedagogiche” di alta qualità).

E’ anche una gran bella persona e compagna di viaggio premurosa e stimolante cit.VaniaR

Insieme al marito Carlo si occupano di GenitoriOK, il sito dove vi invito spesso ad andare a “sbirciare”.

Tutti i contributi verranno divulgati dai blogger di Snodi Pedagogici, condivisi e commentati sui diversi social e raccolti a questo link

I blog che partecipano

La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni (con le autrici Federica Ciccanti e Monica Maressi)
In Dialogo di Elisa Benzi
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
Tra Fantasia Pensiero Azione di Monica D’Alessandro Pozzi 
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuerla Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti

blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.

Questo avrà termine con l’estate e sfocerà in un’antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla Locanda dei Girasoli

Un pensiero riguardo “#PEDAGOGICALERT – Sai riconoscere in te “i sintomi del cattivo maestro”?

  1. Dalla Pagina di FB Mary Tursi scrive: Ho cominciato a leggerlo ma non riesco ad andare avanti. Gli spunti di riflessione sono interessanti ma l articolo suona come un'accusa vanificando gli effetti. Il cattivo maestro, quelli che ho conosciuto io, è pieno di sé, è convinto dell utilità della propria didattica e si sente incompreso dunque si chiude e non osserva, non ascolta. Cambiare approccio, comunicazione. Sembrerà strano ma lodarlo per attrarre la sua attenzione e poi portarlo a ragionare sugli effetti di alcuni atteggiamenti ,.. cosi, in generale

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