Il tema lanciato a giugno da Snodi Pedagogici è: #educazionEbellezza
“Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. “
Ogni mese il gruppo Facebook “Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti” propone un tema, una riflessione educativa, alla quale partecipare con un proprio contributo scritto.
Una volta raccolti, quest’ultimi vengono ospitati e divulgati dal circuito blogger di Snodi Pedagogici.
e dopo questo ricordatevi di fare un giro anche negli altri Blog di Snodi Pedagogici.
Ci troviamo oggi in un tempo in cui la bellezza sembra valere più di tutto, come se la perfezione dei corpi che vediamo ovunque sui cartelloni pubblicitari e in televisione fosse la via da seguire per raggiungere un qualunque scopo nella vita. Sembra che l’importante non sia ciò che siamo, ma come appariamo agli occhi degli altri.
La moda senza ombra di dubbio gioca un ruolo chiave nella definizione delle tendenze, siamo costantemente condizionati dal “tempo” in cui viviamo. Spesso ci troviamo quindi a cercare di apparire agli altri in base a come ci presentiamo fisicamente e in base a quale tipo di abbigliamento e taglio di tendenza portiamo. Molto frequentemente si sente dire che viviamo in un’epoca in cui l’apparire è più importante dell’essere, ma siamo davvero certi che questi due fattori non siano due facce della stesa medaglia? In fondo a volte appariamo proprio per ciò che siamo, soprattutto a seguito dell’adolescenza che è per eccellenza il periodo della ricerca di chi si è.
Forse dovremmo iniziare la riflessione pensando a cosa sia ciò che ci porta a dire che una cosa è bella ed un’altra non lo è. Da quali presupposti partiamo per definire qualcuno bello e qualcun altro meno? Un tempo la bella donna era paffutella e di carnagione molto chiara, ora invece quella bellezza è rappresentata da una taglia 40 accompagnata da un’abbronzatura maldiviana anche in periodi invernali. Allora cosa è a spingerci veramente al giudizio del bello?
I media, le varie pubblicità e l’immaginario comune ci impongono i loro canoni di bellezza, dove un corpo per essere considerato bello deve essere perfettamente scolpito, magro e rotondo nei punti giusti. Ecco che allora forse è l’educazione mediale e culturale a dettare la legge di ciò che può essere riconosciuto come bello e ciò che invece non lo è, così da portare addirittura chi riesce a distaccarsi da questa massificazione a giustificarsi davanti ad una sua scelta e ad un suo giudizio del bello che davvero mira ad essere soggettivo, e la frase che ne uscirà sarà “io lo so che non è bello …” (giustificazione) “… ma a me piace”, in modo quasi timido e senza urlarlo troppo.
Siamo educati in modo da credere di poter essere soggetti distinti dalla massa, poi ci ritroviamo ad essere d’accordo che la bellezza sia la taglia 40. Ciò che manca è la consapevolezza. Noi scegliamo chi essere ancora prima di essercene resi conto, molto precocemente decidiamo se vogliamo appartenere ad un gruppo fashion, ad un gruppo rock o altro, e il nostro modo di porci e di misurare la bellezza deriva da una scelta soggettiva che poggia su basi sociali di accettazione reciproca. In fondo non possiamo scindere un individuo dalla società in cui si trova, ne dal suo contesto culturale. Ecco che allora i valori così altamente soggettivi acquisiscono un valore sociale che mira all’oggettivazione.
Sono convinta che si debba mirare ad una pedagogia che accetti l’importanza dell’individuo come un singolo inserito in un contesto sociale, che quindi metta del suo in relazione con l’altro, non sminuendo né sé stesso nella sua unicità, né l’importanza che nella vita di ognuno ricoprono le relazioni e l’incontro con l’altro. Piaget tra i primi ci ha insegnato che nasciamo come esseri dipendenti dall’altro, ed è proprio questa dipendenza ad essere la nostra debolezza e al tempo stesso la nostra forza.
Mantenere sé stessi nell’incontro e nello scontro con l’altro mirando al ben-essere, cercando di apparire per ciò che si è, lasciando che il corpo, anche se non perfetto, non debba dividersi dall’essenza del soggetto che lo vive.
Bisogna educare alla consapevolezza, perché essa è lo strumento di cui possiamo disporre per seguire un cammino che miri al benessere. Solo quando l’individuo è consapevole di chi è veramente può apparire nella sua vera bellezza, e questo deve essere lo scopo dell’educazione: stare bene con sé stessi in relazione costante.
Vi ricordo che i blogging day fanno parte di un “progetto culturale” organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.
Il tutto avrà termine con l’estate e sfocerà in un’antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla “Locanda dei Girasoli” .
Una volta finito il percorso di pubblicazione online, vari autori che hanno preso parte ai BDay, verranno contattati dalla redazione per chiedere se vorranno parteciparvi.
E ora andate a leggere gli altri interessantissimi contributi che troverete anche raccolti sul sito QUI e lasciateci i vostri commenti: a noi interessano!
Il piccolo doge ospita Pasquale Nuzzolese
IN dialogo ospita Andrea Capella
Labirinti Pedagogici ospita Sara Bonariva
Labirinti Pedagogici ospita Vania Rigoni
Tra fantasia pensiero ed azione ospita Sylvia Baldessarri
E di Educazione ospita Gloria Vanni
Nessi Pedagogici ospita Rita Totti
Ponti e Derive ospita Eleonora Fedeli
Bivio Pedagogico ospita Claudia Cavaliere
La Bottega della Pedagogista ospita Nadia Peli
“Siamo educati in modo da credere di poter essere soggetti distinti dalla massa, poi ci ritroviamo ad essere d’accordo che la bellezza sia la taglia 40. ” dice Nadia 29enne nel BDay di Snodi Pedagogici