Maggio
il tema lanciato da Snodi Pedagogici è #educazionEamore

“L’educazione all’amore come dimensione particolare dell’incontro (umano e tra esseri viventi), alla sessualità, all’affettività, alla passione, intesa non solo come eros ma più etimologicamente come provare un forte “sentire” per qualcosa o qualcuno.
Come educare e come educarsi all’amore, in tutte le sue sfaccettature…”
Buona lettura a tutti!
#educazionEamore
Strada facendo, verso una vita più consapevole e piena di Rita Totti
L’educazione all’amore … è un tema a me particolarmente caro.
Educarmi all’amore per me è stata una scelta quasi obbligata, visto che la mia iniziazione era a suo tempo avvenuta a mezzo di una dose massiccia di favole, con tanto di principi e svenevoli, quanto inesorabilmente indifese, principesse. La prima educazione all’amore “come dimensione particolare dell’incontro (umano e tra esseri viventi)” -come recita il tema proposto nel blog- avviene in famiglia, poi nei centri di socializzazione (scuola, parrocchia, centri ricreativi, ecc.), ed è con quel bagaglio che ci si incammina nella vita, svariati anni dopo, … quando ormai tutto intorno a noi è cambiato!
Può così capitare di accorgersi, anche da adulti, di essere andati per il mondo con una valigia troppo vuota, -magari- per essere stati da bambini in una forma di amore non “incondizionato”. Ci si trova così a “vagare” alla ricerca di conferme ed accettazione, che -tuttavia- non colmeranno mai quella primigenia ferita. Credo anche che sia possibile trovarsi in difetto di mezzi per l’inadeguatezza alle esigenze / richieste contemporanee “del contenuto della -vecchia- valigia”. Nel mio caso, educarmi all’amore è stato ed è ancora oggi un viaggio tra le persone, i libri e la vita, alla scoperta di ciò che ignoravo e ancora ignoro. E’ un viaggio dal sapore “fantastico” che mi conduce “per caso”, ma con incredibile sincronicità, alle persone che mi aiuteranno a inerpicarmi su quel nuovo sentiero ed ai libri “della crescita”, che come altrettanti “maestri” mi permetteranno di leggere le risposte, che già erano dentro di me.
Quindi, ritengo che educarsi all’amore sia, prima di tutto, una scelta e, ad un tempo, una responsabilità individuale. Mi pare, tuttavia, che entrambe si trovino ad essere ampiamente condizionate dal vissuto pregresso. Sono, infatti, l’insoddisfazione o il senso di inadeguatezza, che promuovono, quali elementi propulsivi, nuovi percorsi di crescita.
Ben diverso, a mio avviso, è “educare” altri “all’amore”, in quanto – in tal caso – assume la priorità l’aspetto della responsabilità, a detrimento di quello della scelta.
Se, come ritengo, educarsi all’amore è un percorso in divenire, non vi è dubbio che il come si educano gli altri (e prima di tutto i figli) all’amore molto dipenda dal punto del percorso maturativo ed esperienziale personale in cui ciò avvenga. Siamo, infatti, in presenza di due percorsi che si condizionano reciprocamente.
Non intendendo in alcun modo scrivere di quanto non fa parte della mia professionalità (e cioè di profili pedagogici e/o psicologici legati all’argomento, al di là di quello che può essere il portato del diretto vissuto), mi preme solo evidenziare che un modo con il quale i genitori possono educare i figli all’amore può ben essere anche quello di affrontare con loro – attraverso una comunicazione ed agiti adeguati alla situazione ed all’età dei figli – la separazione della coppia genitoriale gestita mediante il ricorso allo strumento della mediazione familiare.
I figli potrebbero ben recepire un messaggio “positivo” secondo cui i genitori si sono amati ed hanno costruito il legame prima di coppia e poi familiare generativo, completandolo con l’assunzione della consapevolezza che l’amore tra mamma e papà può finire e tuttavia continuare per sempre verso i figli.
In questo modo i bambini sapranno, superata la fase di riorganizzazione post – separativa ed elaborata la perdita del sogno della “famiglia unita”, che è possibile costruire un nuovo futuro per tutti. Non vi è dubbio che la mediazione familiare sia la sede adeguata ove le esigenze dei figli possano trovare piena garanzia di miglior tutela. Pur non entrando questi ultimi, infatti, quale parte attiva nel processo di mediazione, la tutela del loro superiore interesse e benessere è il “filo rosso” che lega ogni attività che ivi si realizza.
Se, pertanto, da un lato, ritengo che educarsi all’amore sia un processo individuale di crescita, dall’altro lato, anche la mediazione familiare ben può essere un modo, e quindi un mezzo in fase di separazione, attraverso il quale contribuire ad educare i figli all’amore.
Se, pertanto, da un lato, ritengo che educarsi all’amore sia un processo individuale di crescita, dall’altro lato, anche la mediazione familiare ben può essere un modo, e quindi un mezzo in fase di separazione, attraverso il quale contribuire ad educare i figli all’amore.
Dott.ssa Rita Totti –
Mediatrice familiare e Avvocato civilista, professione questa ultima che esercito dal 1999 in Bologna.
Tutti i contributi verranno divulgati dai blogger di Snodi Pedagogici, condivisi e commentati sui diversi social (FB, Twitter, G+ e Linkedin) e raccolti sul sito in questo link
I blog che partecip
ano:
I blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.
Questo avrà termine con l’estate e sfocerà in un’antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di e-book.
Bellissimo il tuo intervento! E sopratutto grazie per esserti messa in gioco, smettendo un attimo i panni dell'avvocato navigato quale sei, prestandoti al BDay pedagogico. Condivido “responsabilità” e “scelte” come fulcri dell'intervento educativo e quindi anche mediativo. Condivido che ci vuole amore e passione per perseguire un cambiamento, degno di esser chiamato miglioramento.