#educazionenaturale #snodipedagogici
Eccoci di nuovo a lanciare una nuova spinta e spunto riflessivo a tema educazione insieme ad alcuni miei colleghi educatori e pedagogisti, nonchè blogger.
Nel gruppo Facebook “
Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti” ogni mese viene proposto ai membri un tema educativo e chi ne ha voglia e tempo può lavorarci su…scrivendo un articolo, post o una semplice idea.I contributi, raccolti dalla nostra attivissima collega de
Il piccolo Doge, poi, vengono ospitati nei blog presenti in
Snodi Pedagogici e divulgati nei vari social con un hashtag particolare in un determinato giorno (in calce al post trovate l’elenco completo).
Questa è la parte che preferisco: il senso globale e di connessione che nasce.
Siamo la prova dei fili che ci legano, persone in gran parte sconosciute che diventano amici e colleghi impegnati in un workshop digitale!!!
27 Gennaio 2014- Il tema è “L’educazione nasce naturale“, lanciato da Alessandro Curti nell’Assemblea del 16 novembre, svoltasi a Milano.
Cosa ne pensano i genitori dell’educazione?
“L’educazione nasce in un ambito naturale, la famiglia, il gruppo, il clan, la tribù, in cui era necessario che i grandi insegnassero ai piccoli quello che occorreva per vivere. Poi la società si è fatta più complessa è le figure educative si sono moltiplicate e in alcuni caso si sono professionalizzate per supportare quelle naturali. Ma ancora oggi la prima istanza educativa nasce nelle famiglie, nei gruppi familiari, negli spazi di socialità naturali….”

Purtroppo non ho avuto la fortuna di poter ospitare un genitore come autore del mio articolo ospite, ma sono felicissima che Alice Moncelli abbia partecipato.
Alice è una giovanissima donna, che ho conosciuto mentre io iniziavo la libera professione e lei si laureava al primo livello in Scienze dell’Educazione…è una massa di riccioli e un sorriso entusiasta specialmente quando parla di cuccioli d’uomo… Per me è stato naturale esserle accanto e ospitarla in questo evento, lasciandola libera di esprimersi e esporsi: è un pò un passaggio di consegne da una vecchia zia alla giovane nipote avventurosa!!!
BUONA LETTURA!!!!
EDUCAZIONE al naturale di Alice Moncelli, dottoressa in Sc. dell’Educazione
Per “educazione al naturale” si intende l’educare a seconda dei reali desideri del bambino e delle sue possibilità.
Il bambino dovrebbe dunque riuscire a percepire i suoi limiti e desideri in modo naturale e riuscire a richiedere, all’educatore di riferimento o al genitore, ciò di cui necessiterebbe realmente, senza nutrire alcun desiderio verso i soli beni materiali/consumistici che la società stessa ci impone di credere di averne estremo bisogno.
In questo senso, la Pedagogia Steiner, secondo l’ideologia del suo fondatore, Rudolf Steiner (1861-1925) ha certamente offerto il suo contributo sull’educazione al naturale, così come il trattato pedagogico sull’educazione “Emilio” di J.J. Rousseau (1762).
Entrambe le Pedagogie protendono a una naturale educazione nel rispetto dei tempi di crescita e sviluppo del bambino.
Entrambi i pensatori, ritenevano che l’educazione non debba essere imposta dal docente, ma che il bambino stesso riesca ad apprendere in modo del tutto spontaneo e non imposto, dalle stesse esperienze che egli stesso compie (come artefice del suo apprendimento) nella realtà.
Non esiste, ovviamente, un “fare pedagogico” “giusto” o “sbagliato”, e non intendo prendere parti di un ramo della Pedagogia.
A parer mio, qualcosa si sta muovendo: qualche voce si sta animando contro-corrente, nelle retrovie di un sistema scolastico che ha imposto per troppo tempo al bambino di seguire determinate tempistiche di apprendimento (che diventa, ovviamente, forzato). Ne consegue, che molti bambini vengono in seguito “etichettati” come problematici (nell’apprendere, o nel comportamento) e/o difficili, e qui intervengono gli Psicologi, Psichiatri, NeuroPsichiatri…
Non si riesce a vedere OLTRE: che stiamo sempre parlando innanzitutto di bambini, e che i tempi di crescita/ apprendimento non possono essere uguali per tutti.
Ma per la scuola, sembra quasi svantaggioso “aspettare” quei bambini che “non ce la fanno” (o sentono di NON farcela?) e al contempo, gli fa “comodo” etichettare il bambino “difficile”, così che venga delegato a una docente di sostegno (nel caso, fortunato, che ella stessa ci sia).
Noi Pedagogisti, possiamo intervenire, in contro-tendenza alle etichette scolastiche e a questo modo di “fare scuola”.
Chi ne risente, ovviamente, sono i bambini (attori principali della vicenda) ma anche un genitore coinvolto che può sentirsi inadempiente, di fronte a un’evidente difficoltà del bambino. In tutto ciò, la scuola non pensa minimamente che abbia errato l’Insegnante; perché la “colpa” principale deve essere attribuita, specialmente negli anni più spensierati della sua vita e di formazione, al bambino stesso?
In questo senso, qualcosa si sta (fortunatamente) muovendo a parer mio.
Stanno nascendo sempre più scuole Steiner/ Waldorf, in controtendenza alla realtà della scuola italiana (che invece ha fatto dei DSA un vero e proprio business), e sempre più Associazioni/ Comuni, stanno ripensando a una pedagogia a diretto contatto con l’esperienza; ciò che, purtroppo, l’educazione imposta nelle scuole toglie ai nostri bambini.
Nel Comune della mia città, Prato, é stato presentato un Progetto a cui ho avuto l’onore e la fortuna di partecipare, nel mio piccolo, come Pedagogista. Il nome del Progetto é “Crescendo tutti all’aria aperta” e propone delle serie di attività/ percorsi esperienziali da svolgere prettamente all’aperto, nei giardini delle scuole d’inverno, (luogo che il bambino nel periodo gennaio/marzo sembra non conoscere, ma alla fine non esiste il tempo “giusto” o “sbagliato”, ma solo l’abbigliamento giusto per poter uscire).
In questo, il Comune ha donato a tre classi di bambini di 3 anni, di tre scuole, l’abbigliamento “idoneo” per uscire e compiere attività esperienziali: cappello, sciarpa, scarpe impermeabili e pantaloni adatti anche a scivolare per terra, camminare carponi e saltare allegramente nelle pozzanghere, senza preoccuparsi delle conseguenze.
In questo laboratorio, il bambino non deve per forza “produrre” un prodotto (come regalini, pensierini e/o “lavoretti” scolastici che devono “riuscire sempre bene!) ma qualsiasi cosa egli stesso decida di produrre va bene, anzi, va benissimo anche se decide di non riportare nulla a casa e vivere solo l’esperienza!
Perchè quello che conta nel progetto, é vivere concretamente, come attore protagonista, in un ambiente non giudicante e/o validante come la scuola, ma concentrarsi non nel risultato ma su quella determinata esperienza, nel qui e nell’ora.
Io e una mia collega Psicoterapeuta, abbiamo ideato 7 incontri all’aria aperta: i primi due sulle attività all’aria aperta, e sulla “ricerca dei tesori naturali” (il giardino di ogni scuola ha le sue meraviglie, che spesso il bambino non vede, perché é troppo concentrato sui giochi confezionati e imposti dalla società), dal terzo incontro ci soffermiamo sul riconoscimento e scoperta delle emozioni primarie, una sorta di percorso di “alfabetizzazione emozionale” volta al riconoscere che tutte le emozioni vanno abbracciate e non temute (specialmente, il sentimento della paura e della rabbia).
Ho proposto poi altre esperienze anche nel campo del riciclaggio. perché mi sono resa conto che sempre più bambini stanno (ahimè) diventando “nativi digitali”, e in questo senso anche la scuola aveva proposto degli i-Pad al posto dei bellissimi e duraturi libri cartacei. Col riciclaggio si imparerebbe a trovare un gioco (es. un ex rotolo di carta con dentro dei semi fanno un “bastone della pioggia!”) dentro qualunque tipo di materiale, e anche sensibilizzare il bambino alla raccolta differenziata.
Ritornando al mio progetto col Comune di Prato, l’educazione secondo natura, potrebbe aiutarci oggi, a far ritrovare sia al bambino quella parte d’ingenuità che gli deve appartenere, sia al non essere “adultizzato” prima del tempo, e/o vittima di bullismo; conosco bambini a cui é capitato di essere “presi di mira” in tenera età dai loro compagni, e ciò é un dato assolutamente allarmante e preoccupante, emerso ancor prima dell’età adolescenziale, momento in cui certe situazioni possono accadere, anche a causa di impulsi e ricambi ormonali.
Io e la mia collega, in questo senso, avevamo pensato a un percorso attraverso il quale dei bambini potessero imparare a rispettare i sentimenti altrui e a “prevenire” atteggiamenti non rispettosi verso l’altro, ed eventuali “disagi scolastici” futuri.
Inoltre, potrebbe aiutare la stessa scuola a pensare che tutti i bambini non sono uguali e hanno le stesse esigenze scolastiche, anzi: ogni bambino dovrebbe essere visto nella sua unicità e bellezza, e valorizzato nella diversità, non etichettato perché diverso.
Una bambina di 8 anni (incontrata quando ho lavorato in casa famiglia), venne etichettata come caso DSA, senza pensare al suo vissuto personale di profonda tristezza.
Venne presa di mira dai compagni perché non riusciva a dire (di fronte a una classe di 29 bambini) una tabellina a memoria.
La maestra non la difese.
La bambina si é ritrovata sola, così mi ha raccontato, che a suo malgrado, fece emergere una parte forte ma anche aggressiva del suo sé per difendersi, in un momento in cui ha avvertito che la sua stessa dignità veniva calpestata e si difese dicendo :
“Mica si può essere tutti bravi, eh!!!”
Credo che abbia detto tutto lei, e rimasi sconcertata da una figura di riferimento come una maestra, che non riprese i compagni.
Altro caso del tutto anomalo, una scuola d’infanzia che chiede alle famiglia di un asilo (in cui sto attualmente lavorando), che nel periodo de “l’adattamento” (inserimento scolastico) a “la scuola dei grandi” ogni bambino (ancor prima dei 3 anni, o al terzo anno di vita compiuto), abbandoni il suo pannolino, altrimenti non potrà essere ammesso alla scuola d’infanzia.
Non ho colto le motivazioni che hanno indotto i dirigenti scolastici e le maestre della scuola d’infanzia a prendere tale decisione. Mi pare ovvio che tale informazione abbia allarmato un genitore, quando é stata comunicata in un contesto di riunione. Da subito, il genitore, nel panico, vorrebbe togliere quel “motivo di ingombro ed imbarazzo” che rende il bambino di nemmeno 3 anni (giustamente!) ancora un bambino…
Anche qui, di educazione non ne parliamo, di naturale nemmeno. E le insegnanti sono, a volte, queste persone: quelle che inducono una famiglia nel “terrore” perché non ammettono alla scuola d’infanzia loro figlio (quando esiste invece una graduatoria) e nel non voler magari cambiare un semplice pannolino (anche se ripenso ai tempi scolastici, che sono sempre eccessivamente incalzanti) quando tutti i compagni ne sono privi e hanno un controllo maggiore dello sfintere.
La pedagogia stessa ha il compito di ripensare alle pratiche educative degli ultimi decenni. Credo che possa investire molto su sé stessa.
Credo fermamente che qualcosa possa e debba cambiare, anche tramite corsi di aggiornamento e/o seminari di studio o informazione (anche ai genitori).
Un’esperienza molto bella e recente che sto vivendo col Comune di Calenzano, prevede dei corsi di aggiornamento il sabato, e il ripensare alle proprie pratiche educative, ripensando ai propri piani di coordinamento educativi, e al modo in cui ogni educatrice si “pone” verso i bambini.
Io da educatrice e pedagogista, ho proposto un coordinamento sul testo “L’albero Vanitoso” di Nicoletta Costa, testo di rara delicatezza e sensibilità, che può portare al ripensamento delle stagioni e al decentramento del sé, e può essere un motivo per cui, un bambino diventi compagno anche degli alberi del suo giardino scolastico (da qui, ho pensato all’idea del fargli “abbracciare” un albero: l’albero amico), o ad attività di frottage.
Altro testo che ho proposto, le magnifiche “macchiette” di Leo Lionni, “Piccolo giallo, piccolo blu” sul tema (ormai “superato”o forse, mai affrontato nella scuola), sull’amicizia di due macchiette che cambiano colore mischiando i loro colori, in un abbraccio, creando un terzo colore che poi passano anche agli stessi genitori; in ogni rapporto amicale c’è sempre un cambiamento, ed é sempre positivo.
Sta a noi Pedagogiste divulgare questa pratica educativa, che secondo me, oltre ad apportare maggior apprendimento al bambino, può aiutarlo a far emergere un sè sereno sicuro, rispettando i suoi naturali cicli evolutivi e psichici.
E non scordatevi di leggere gli altri autori …
I Blog Ospitanti:
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Correlati