Oggi è stato un giorno speciale: ho partecipato al funerale di una delle mie maestre delle elementari (che con la nostra classe ha finito la carriera dell’insegnamento) la maestra Marisa.
L’affetto e l’accoglienza che ancora oggi ricordo in lei, sono le stesse qualità che cerco di avere ogni volta che compio un intervento educativo.
Poi c’è stato il ritrovare gli amici di infanzia, 30 anni fa ci siamo lasciati per destini diversi e oggi mi si chiedeva: ma tu che lavoro fai quindi?
Mi è tornato alla mente un articolo letto mesi fa della collega Ornella Gelmi in questo numero della nostra rivista:
Spesso ci si definisce anche consulenti pedagogici, che può sembrare “fuffa”, ma che invece se fatto con professionalità è una risorsa eccezionale per i nidi, le scuole di ogni grado, le comunità, le associazioni educative ma anche le case di riposo.
Perchè?
Dietro la ricerca e il riferirsi ad uno specialista esterno c’è sempre una lieve o celata allusione a una situazione di un qualche attrito o confusione per la quale la simpateticità cui siamo formati e la predisposizione a far emergere la dimensione di auto-responsabilità e autonomia sono caratteristiche importanti.
Personalmente a tal proposito, ho deciso di seguire anche il corso di Mediazione Familiare, dove si studiano i processi mediativi, con l’obbiettivo di perfezionare la tecnica per attivare i processi di negoziato con cui le persone troveranno il loro miglior accordo e uno nuovo passo di crescità personale.
Confucio: Se vedi uno che ha fame, non regalargli un pesce, insegnagli a pescare.