Nel racconto avvincente del Dalai Lama, ricco di aneddoti illuminanti e di episodi curiosi, si snoda il cammino millenario del popolo tibetano, dai miti sulle origini dei primi abitanti dell’altopiano himalaiano alla rocambolesca fuga del Dalai Lama nel 1959.
Una lunga vicenda, la storia di un popolo orgoglioso della propria cultura, che neppure dopo cinquant’anni di occupazione militare si è sottomesso, né ha rinunciato all’esercizio di quella spiritualità unica al mondo, amata in ogni dove, che è il frutto più prezioso di questa civiltà.

Nel 1643 il quinto Dalai Lama scrisse una storia del suo paese e del suo popolo: fu un gesto dal valore civile altissimo, che consentì alle popolazioni da lui governate di riconoscersi come un’unica nazione. Oggi il quattordicesimo Dalai Lama ha deciso di affrontare la dura impresa di scrivere una nuova storia del proprio paese come forte e incisivo gesto di riaffermazione dell’identità tibetana contro l’oppressione cinese. Nelle lunghe conversazioni con il giornalista Thomas Laird, sua santità Tenzin Gyatso ha ripercorso le vicende millenarie del popolo tibetano e della religione buddista: un racconto ricchissimo di storie affascinanti, costellato di grandi yogi e maestri di meditazione, imperatori e guerrieri, figure mitologiche e umili monaci. Dall’invasione mongola del tredicesimo secolo a quella cinese del secolo scorso, dall’arrivo del buddismo dall’India nel settimo secolo dopo Cristo alla fuga del Dalai Lama nel 1959, la storia del Tibet racchiude in sé lo sviluppo di una spiritualità oggi universalmente conosciuta e amata, i cambiamenti di un luogo magico che ha ispirato e stregato l’Occidente per secoli, le difficoltà di un popolo oppresso ma fiero e indipendente, in un percorso fitto di riflessioni illuminanti ed episodi stupefacenti. Nel Tibet controllato dall’esercito cinese, gli occupanti insegnano una storia che vede il Dalai Lama come un tiranno, giustamente spodestato dall’occupazione del 1950. La verità è ben altra, e per la prima volta il Dalai Lama la ricostruisce in questo libro, frutto di centinaia di ore di conversazione con Thomas Laird a Dharamsala, in India.
DALL’ALTRA PARTE, QUELLA CINESE….articolo tratto da La Repubblica
Battaglia per la successione al Dalai Lama. Pechino vara una legge: “Deve nascere in Cina”
Il regime comunista sfodera per la prima volta l’arma del diritto nella controversia sull’erede del premio Nobel per la pace. Un modo per impedire che possa essere scelta una “reincarnazione” nata e residente all’estero, magari in India
La “guerra della reincarnazione” buddista è sempre stata delicata. Per secoli i baby-pretendenti al trono del Potala, a Lhasa, hanno corso il pericolo di essere assassinati dai clan dei rivali e in molti casi ciò è avvenuto. Nel 1995, dopo che il Dalai Lama aveva individuato in un bambino tibetano la reincarnazione dell’undicesimo Panchem Lama, ossia del numero due della gerarchia lamaista, il prescelto è misteriosamente scomparso e Pechino ha insediato un proprio candidato al suo posto. Anche l’attuale Karmapa Lama, fuggito rocambolescamente dalla Cina nel 2000 e rifugiato a Dharamsala, pur essendo nato e cresciuto in Tibet conta almeno due contendenti all’eredità di Tenzin Gyatso. L’India, per scongiurare il rischio di scontri tra gruppi di esuli tibetani, impedisce che i pretendenti alla successione del Dalai Lama possano raggiungere il monastero dove è custodito un copricapo nero, simbolo dell’autorità lamaista.
La lotta per la guida spirituale dei buddisti non si limita alla “cinesizzazione per legge” della reincarnazione del Dalai Lama, pretesa da Pechino. Uno scandalo finanziario, che vedrebbe coinvolti i servizi segreti cinesi, scuote da giorni i tibetani in esilio in India. Una montagna di denaro contante, poco meno di due milioni di dollari, è stata trovata dalla polizia indiana nella stanza del Karmapa Lama, poco fuori Dharamsala. Gli agenti sono arrivati al braccio destro di Tenzin Gyatso dopo aver rinvenuto “casualmente” in un’auto una borsa con duecentomila dollari in valuta indiana. Tra i soldi custoditi dal Karmapa Lama ci sarebbero stati anche centomila dollari in yuan, la divisa cinese. Sono così tornate ad esplodere, nonostante le smentite di Pechino, le voci secondo cui il Karmapa Lama è in realtà una spia inviata a Dharamsala dai cinesi. Secondo il Dalai Lama, che difende il suo vice, il denaro è frutto invece delle donazioni dei fedeli, molti dei quali inviano offerte dal Tibet e da altre regioni della Cina.
Tra leggi sulla reincarnazione e spy story, la successione per la leadership buddista si infiamma. L’unica cosa certa è che quando finirà il regno del XIV Dalai Lama, il passaggio di consegne non sarà indolore. (23 febbraio 2011)
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